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Il popolo dei forconi prepara lo sciopero di domani

rivolta forconi Manca un giorno all’inizio dello sciopero dei Forconi. Su uno dei siti che sono legati all’iniziativa, si trova una serie di dettagli.
Gli organizzatori dello “sciopero” si dichiarano al di fuori di qualsiasi organizzazione politica o di categoria, secondo la solita retorica “né di destra né di sinistra” e dicono di essere il popolo «oltraggiato, quello che produce ma quello che non produce perchè lo stato lo ha messo in tale condizione. Siamo il popolo dei precari, dei senza futuro, di quelli che sperano in un qualcosa di meglio per le generazioni future.
Siamo quelli che credono nella forza delle idee, a prescindere se queste possano essere espressione di una presunta “destra” o “sinistra”; al popolo che lavora non servono le etichette ma serve che i problemi, e sono tanti, siano risolti da gente onesta».

Fin qui, frasi cui ormai siamo molto abituati. Poi, però, ci sono gli obiettivi:

«Che l’attuale classe politica, presidente della repubblica compreso, istituzioni infiltrate dai partiti ladroni, si dimettano ed abbandonino le posizioni.
Da quel momento vi sarà un periodo transitorio in cui lo stato sarà guidato da una commissione retta dalle forze dell’ordine trascorso il quale si procederà a nuove votazioni».

Ecco. Diciamo che con questa frase, che esplicita l’obiettivo di un governo sostenuto dalle forze dell’ordine si esplicita la vera natura dell’iniziativa, connotandola in maniera inequivocabile dal punto di vista politico.

Cosa sapete dello sciopero del 9 dicembre 2013? Cosa succederà? E’ vero che l’Italia si ferma? Se avete un negozio, è meglio chiudere per i disagi? Bisogna fare benzina? Correre ad accaparrarsi generi alimentari e farmaci?

Forse nulla di tutto questo. Ma il fenomeno è senz’altro interessante. Andiamo con ordine.

In una radio locale valsusina – il mainstream non sta parlando di questa “mobilitazione” – sento dire, di sfuggita, che c’è chi si prepara a dare l’assalto alle pompe di benzina «per sicurezza». Gabriele Capasso, vicedirettore di Blogo.it, mi racconta che ieri in un locale di Torino ha sentito due gestori di locali parlare dell’opportunità di chiudere o meno lunedì, e che la cosa è molto interessante, se non altro da un punto di vista sociologico. Come non concordare?
Le pagine Facebook che parlano della vicenda hanno poche migliaia di fan. Il mainstream non ne parla. Eppure, la notizia dello sciopero si diffonde a macchia d’olio. Oggi, in un bar in Val di Susa, per esempio, sento un discorso tipo:

«Dicono che vogliono continuare fino al 13 dicembre»
«Eh, ma per cosa?»
«Boh, per tutto quel che sta succedendo».
«Sì ma io non posso stare a casa fino al 13».
«Qualcosa bisogna pur fare».
«Secondo me come al solito non succederà niente».
«Io ho sentito gente che dice basta, prendo il passamontagna e vado giù».

Ma giù dove? Chi sono questi fantomatici soggetti? Che sciopero è? Cosa vuol dire che è organizzato “dalla gente”?

Sui siti di informazione si trova poco o niente: frasi confuse, riferimenti alla necessità di accaparrarsi benzina o altro, come si diceva, volantini. E’ il caso di approfondire, no?

Tutto parte dalle associazioni di categoria dell’autotrasporto, che indicono, per il 9 dicembre 2013, un fermo nazionale.

Solo che poi succede, come capita spesso, che le medesime associazioni incontrano il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi e il sottosegretario Rocco Girlanda.

Dopo l’incontro, Unatras e Anita revocano il fermo. E spiegano con un comunicato:

«Gli organi decisionali del coordinamento unitario UNATRAS (Unione Nazionale delle Associazioni dell’Autotrasporto Merci), e Anita (Associazione Nazionale Imprese Trasporti), valutate positivamente le risposte ricevute dal Ministro Lupi, in particolare sul ripristino delle agevolazioni sulle accise e sulla riduzione del costo del lavoro (INAIL) ed acquisito il protocollo d’intesa che impegna il ministero su tutte le altre criticità rappresentate, revocano il fermo nazionale dei servizi di autotrasporto.

Nel risultato ottenuto c’è la consapevolezza di aver conseguito quanto principalmente richiesto dalla base associativa e che, in un Paese che vive in una situazione di drammatica emergenza ed instabilità, non si possono fare proclami che esulano dalle cose perseguibili se non si vuole scivolare nell’irresponsabilità o peggio, utilizzare l’autotrasporto per rivendicare interessi diversi».

In sostanza, si è ottenuto che lo stanziamento a favore del settore autotrasporti di 330 milioni di ero per l’anno 2014 è stato mantenuto; che verranno ripristinate le agevolzioni sulle accise per il gasolio e applicate misure per ridurre il costo del lavoro. Per quanto riguarda la situazione in Sicilia e Sardegna, scrive LiveSicilia:

«Le parti si sono altresì impegnate ad aprire un tavolo tematico sui problemi delle Isole. La Fita Regionale Cna esprime soddisfazione per il risultato, che arriva, comunque, nel contesto di una crisi forte e persistente, che penalizza, in particolare, il settore, anche a causa delle mancate risposte della politica ai problemi irrisolti legati alle carenza di infrastrutture, alla pressione fiscale, alla malaburocrazia, alla difficoltà di accesso credito e alla scarsa sicurezza».

Insomma, gli autotrasportatori delle principali sigle nazionali annullano la protesta. Tutto finito? No.

I forconi (ricorderete i “moti” siciliani dello scorso anno, gennaio 2012) non ci stanno. E decidono di proseguire.

Il tam tam si diffonde. Come? Quando chiedo all’esercente valsusina come abbia saputo dello “sciopero” mi dice che «se ne parla fra negozianti da qualche giorno», e che oggi al mercato «davano dei volantini».

9 dicembre 2013: cosa succederà?

Difficile dirlo. Potrebbero esserci blocchi in aree strategiche del paese (porti, caselli e simili), come già avvenuto nel mese di gennaio del 2012.
Al momento sembra di assistere più che altro a una prova muscolare, per vedere quel che riescono a fare. Quel che è certo è che il movimento appare molto coordinato (anche se si tratta di un coordinamento evidentemente sviluppato da poche persone). Sono 33mila le adesioni alla pagina Facebook ufficiali, non molte, bisognerebbe vedere quante di queste spontanee e informate sui fatti. Poi c’è anche la fanpage di nocensura.com con i suoi quasi 500 mila adepti che aderisce alla mobilitazione una “potenza di fuoco” di livello superiore.

In ogni caso, il tutto potrebbe fare quantomeno un bel po’ di rumore: dipende da quanto ha effettivamente avuto successo questo strano tam tam.

(da polisblog.it)

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