Il 23 giugno del 1969, si spegneva a New York Giuseppe Bamboschek, pianista, compositore e direttore d’orchestra. Un triestino d’America, o – meglio - un «triestino di Filadelfia», come amava egli stesso definirsi. Era infatti nato a Trieste, nel rione di San Giacomo, il 12 giugno del 1890.
A Trieste, dove era stato iniziato allo studio del pianoforte e dell’organo dal cugino Eusebio Curellich, aveva avuto il suo ”battesimo” pubblico quale musicista a soli quattordici anni. Fu ai primi di novembre del 1904, quando sostituì senza alcun preavviso il suo maestro alla consolle dell’organo della Chiesa di San Giacomo, eseguendo e dirigendo una messa interamente a memoria.
A partire dall’estate del 1908, Giuseppe Bamboschek concertò e diresse alcune opere nella sede della Società Corale Triestina e al Teatro Fenice. Il grande salto avvenne nel 1913, a ventitré anni, dopo aver portato a compimento gli studi in medicina presso l’Università di Vienna. Bamboschek si era infatti trasferito a Milano e qui aveva fatto la conoscenza del baritono napoletano Pasquale Amato, del quale divenne amico e collaboratore.
Nella villa di Amato a Cesenatico il giovane musicista triestino fece la conoscenza con Arturo Toscanini. E con Toscanini e Amato partì alla volta di New York, assumendo ben presto al Metropolitan dapprima la carica di segretario musicale, quindi quelle di maestro concertatore e direttore della compagnia di canto.
Dopo la crisi del 1929, Bamboschek lasciò New York per assumere la direzione di altri teatri, divenendo infine general manager, direttore artistico e musicale della Philadelphia Grand Opera Company. A Trieste avrebbe fatto ritorno nell’estate del 1952 per dirigere una «Carmen» e una «Madama Butterfly» al Castello di San Giusto. Nel 1964, infine, l’ultima sua apparizione triestina, in un incontro pubblico in cui sfoderò immutata la sua parlata di sangiacomino doc.
I dettagli di questa vita per alcuni tratti ”romanzesca” sono raccontati da Liliana Bamboschek, nipote del musicista, in un libro in corso di stampa presso l’editore Il Murice.
Ma il quarantesimo anniversario della scomparsa di Giuseppe Bamboschek suggerisce anche una ricognizione sul versante esecutivo del suo catalogo di compositore. Numerose liriche per canto e pianoforte, composizioni organistiche e di polifonia sacra, in buona parte consultabili presso il Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, delineano il ritratto compositivo di un musicista per il quale questa ricorrenza costituisce una preziosa occasione di riscoperta.