Inizia a Milano il tour «il cibo? Va reinventato»
Ogni giorno qualcuno nel mondo vorrebbe avere del cibo di qualità e qualcun altro, magari un’azienda che serve in quello stesso giorno 50 mila pasti ai propri dipendenti sparsi in tutto il globo, si chiede dove trovarlo, come servirlo e come premiarlo rispetto a quello meno buono. Più ci si avvicina a Expò più si comprende come la nutrizione è davvero un argomento colossale, sempre più collegato ai più arditi esperimenti tecnologici, base delle startup di successo, al centro delle politiche private e pubbliche del nuovo millennio. E a Milano è iniziato Reinvent Food, il tour di Talent Garden coi migliori esperti del settore.
Talent Garden, la nota rete internazionale di coworking, in collaborazione con il Consolato Generale degli Stati Uniti di Milano, l’Ambasciata USA a Roma e Cortilia (startup italiana tra le più famose nell’ambito della sharing economy), ha organizzato questo evento dedicato all’innovazione nel settore del cibo pensando a Expò, certo, ma anche per fare il punto della situazione chiedendo alle persone che se ne stanno occupando. Ospite speciale a Milano, Torino e Roma è Michiel Bakker, direttore di Google Food, per la prima volta in Italia per raccontare un aspetto della società californiana che molti ignorano.
Google si preoccupa del cibo
La stragrande maggioranza delle multinazionali ha programmi per il benessere dei propri dipendenti, Google però ha davvero realizzato un focus sul cibo davvero interessante, imitato da molti e di ispirazione anche per più recenti piattaforme. Stando a sentire Bakker, che si occupa del tema praticamente dall’inizio della vita di Google, sembra però molto naturale: servire 20 milioni di pasti all’anno in decine di paesi diversi, con diversi cibi e abitudini significa essere costretti a chiedersi come migliorarlo, come provare ad immaginare un world food.
Cibo, sostenibilità, salute, sono i tre pilastri del programma Google Food, che in sostanza sperimenta da anni sui propri dipendenti la possibilità di migliorarne il benessero psicofisico promuovendo la cultura del cibo, senza imporla. Come? Le slide della sua presentazione fatta davanti a una calca di startupper a bocca aperta riuniti allo spazio Espressamente Illy, in piazza Gae Aulenti, hanno chiarito tutto facendo vedere le caffetterie di Google e le sue cucine:
Google ha lavorato e continua a lavorare alla definizione del design dei locali per creare attorno ai pasti un luogo di collisione fertile delle persone e di incontro con del cibo buono; non imponiamo la dieta vegetariana, ma i luoghi sono pensati per incoraggiare il consumo di cibo sostenibile e facciamo molto per la consapevolezza della community.
Un approccio olistico, investimenti importanti, laboratori di innovazione dove cercare e trovare l’alimento migliore a seconda della cultura del cibo del dipendente, fanno di Google Food un programma che centra in pieno il tema dell’esposizione universale. Un peccato che sia indirizzato soltanto a chi lavora in azienda, ma non è escluso che alcune caffetterie col marchio di Big G, per ora aperte solo a New York, aprano anche nel resto del mondo. Saranno l’equivalente di BIg G degli Apple Store?
Le tavole rotonde e gli startupper
Come sta cambiando l’industria del food con l’utilizzo delle nuove tecnologie? Come ci alimenteremo in futuro? Come costruire stili di vita e comunità sostenibili attraverso il cibo? Domande che si sono rincorse per tutto il pomeriggio milanese, prima con le mentorship agli startupper, poi con le tavole rotonde. Ad esempio Paola Sucato, Sara Roversi del Food Innovation Program, Andrea Casalini di Eataly.net e Claudio Monteverde, communication manager di Google Italia, hanno riflettuto a più voci su cosa manca perché il cibo italiano, noto in tutto il mondo, torni ad essere traino economico.
In realtà non manca poi molto per avere un food-boost italiano, probabilmente solo un po’ di coraggio e preferibilmente l’ingresso di capitali importanti e nomi importanti nel settore dell’ecommerce. Che langue. Il progetto made in Italy di Google la dice lunga sull’attrativa online del tema, mentre la mappa Seeds of disruption del Future Food Institute sorprende con la sua rappresentazione di tutte le innovazioni attualmente applicate.
Il fascino del cibo e del compito di chi se ne occupa a livello digitale sta tutto nell’ambizione di fondere due elementi che più distanti non sembravano: il mondo fisico, limitato, dei prodotti della terra, col mondo virtuale e infinito della Rete. E di mezzo farci stare le persone e la loro voglia di migliorare la prospettiva della loro vita e del mondo.