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L’IMPERFECT DANCERS COMPANY nei luoghi del ricordo: La Risiera di San Sabba

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di Maria Luisa Runti

A Trieste per il debutto del loro applauditissimo balletto “Anne Frank -Parole dall’ombra” al Teatro lirico “G. Verdi”, la Compagnia ha voluto visitare uno dei luoghi simbolo della tragedia dell’Olocausto: la Risiera di San Sabba. Silenti, commossi, i danzatori passando di sala in sala, hanno rivissuto parte di quella odissea che hanno magnficamente reso nel loro spettacolo affidando alla gestualità della danza l’arduo compito di tradurre le parole del “Diaro” di Anna Frank.
Una Compagnia molto affiatata, di persone solari, semplici, cordialissime che, all’eccellenza della preparazione e dello studio, unisce intelligenza e grande calore umano. Una delle chiavi del loro successo, considerando i tempi in cui viviamo!

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L’ Imperfect Dancers Company è stata Fondata nel 2009 dal coreografo Walter Matteini e da Ina Broeckx che ne sono i direttori artistici. Splendida la serie di spettacoli creati, eseguiti da danzatori provenienti da Europa e Nord America (Ina Broeckx, Maria Focaraccio, Stéphanie Cyr, Kayla May Corbin, Ermo Dako, Valerio Iurato, Julio Cesar Quintanilla Garcia e Armando Rossi) che, in pochi anni, l’hanno vista svettare trionfalmente nel panorama della danza internazionale con tournée in tutta Europa , Africa, Sud America e Stati Uniti.

Walter Matteini è considerato, a pieno titolo, come uno dei più interessanti protagonisti della scena contemporanea europea. Il suo lavoro, profondamente umano, innovativo e di ricerca, si distacca dall’interpretazione convenzionale traendo spunto dalla musica, dalle storie che lo ispirano, dal vissuto reale. L’eclettismo di Ina Broeckx permea, con la sua sensibilità, tutta la compagnia. Eccellente ballerina, è fantasiosa progettista dei costumi e delle scene nonchè partecipa alla creazione stessa degli spettacoli collaborando con Walter Matteini.

Che cosa ispira maggiormente le vostre creazioni: la musica, un accadimento, un testo o prendete spunto anche dal vissuto quotidiano?
Direi un po’ di tutto ció… Quando ci mettiamo alla ricerca di un tema per una creazione cerchiamo di trovare un argomento
che, innanzitutto, desti in noi interesse. Questo tema puó derivare da un libro, un’opera o semplicemente un evento realmente accaduto che ci suscita la curiosità di approfondirlo. Non c’é una logica o un metodo. Accade nostro malgrado! Successivamente cerchiamo come poterlo sviluppare in modo originale cercandone sfaccettature e diverse interpretazioni, più attuali e/o non già utilizzate. In seguito stendiamo una drammaturgia di base, una linea guida che ci sia di aiuto per lo sviluppo delle scene. Dopodichè passiamo alla ricerca musicale. Prestiamo estrema attenzione alla musica, che non deve essere un accompagnamento fine a se stesso ma parte integrante del racconto. Il nostro intento é quello di cercare, e quindi individuare, la musica adeguata per il momento coreografico che vogliamo creare. Eguale procedimento per ciò che attiene l’aspetto visivo, ovvero coreografico e scenografico. Il difficile non è trovare i passi ma trovare quelli adatti per la situazione in corso. Per questo si attinge anche dal quotidiano. Ai nostri danzatori chiediamo, prima di tutto, di essere persone e non solo artisti. Naturali, umani, le loro debolezze sono le stesse di quelle del pubblico che li osserva.

Di grande interesse l’analisi interpretativa di opere liriche e testi teatrali da cui nascono nuove storie… Qual è la molla che fa scattare la scelta?
Come dicevo non c’è un metodo. Accade. Delle storie ci toccano più di altre: è inevitabile e bellissimo per questo. Ogni individuo ha un trascorso che lo porta ad avvicinarsi a tematiche per le quali riesce a trovare un contatto, un legame speciale che lo spingono ad immergersi nel magma e trasformarlo, dandogli forma.

Come è nata l’idea di tradurre in danza il Diario di Anna Frank? Che cosa ha ispirato la coreografia?
Con Ina Broeckx, mia compagna di vita e d’arte, abbiamo da sempre segretamente covato questa idea. Solo quest’anno però ci siamo sentiti pronti per affrontare un tale tema. La coreografia è nata da sola… a noi non resta che fissarla ma è già lí, nell’aria, tra i respiri.

Prima di visitare la Risiera di San Sabba siete mai stati in altri luoghi del ricordo?
Molti anni fa, durante un Tour in Germania, abbiamo avuto la possibilità di visitare il Campo di Buckenwald. Se chiudiamo gli
occhi riusciamo ancora a percepirne l’odore. Quello é sicuramente una delle cose che più mi ha colpito. Non saprei come definirlo, era particolare, non ho mai sentito nuovamente quell’odore. Si percepiva il dolore, la morte, una pesantezza nell’aria come a trattenere il ricordo di ciò che era accaduto in quei luoghi.

La Compagnia è multietnica, i danzatori provengono da vari stati europei e dal nord America. Come sono riusciti a percepire e ad immedesimarsi nella difficile e drammatica storia di Anna Frank?
Quando abbiamo iniziato a pensare al progetto abbiamo iniziato immediatamente a documentarci in modo approfondito sul tema invitando i danzatori a fare altrettanto affinché riuscissero non tanto a capire, perché tutto ció è e resterà incomprensibile, ma ad avere gli strumenti necessari per poter riprodurre gli stati d’animo dei personaggi. Di scena in scena abbiamo dato loro tutte le informazioni necessarie spiegando la situazione e cosa volevamo emergesse. Tutti hanno affrontato con estrema sensibilità e grande delicatezza la creazione. I fatti puramente storici sono, in effetti, geograficamente lontani da alcuni di loro ma, in realtà sono accadimenti che riguardano l’intero genere umano. Non lo hanno perciò vissuto diversamente da come lo farebbe un giovane europeo.

Che cosa ha significato per voi il visitare la Risiera di San Sabba? Emozioni che potrebbero arricchire il vostro spettacolo di qualche nuovo passo o figurazione?
Recarsi in un tale luogo, cosí carico di storia e dolore, rafforza sempre più la nostra convinzione di diffondere lo spettacolo ed avvicinarlo ai giovani.

Quanto conta l’innovazione creativa e quali sono stati i vostri maestri ispiratori?
Quando lavoriamo ad una creazione la nostra preoccupazione non é quella di innovare, cercare effetti speciali o linguaggi coreografici avanguardisti. Il nostro scopo é quello di raccontare una storia, la nostra storia, e farlo nel migliore dei modi possibili. Lasciare allo spettatore un’emozione, bella o brutta, di felicità o rabbia, nonimporta… l’essenziale è non lasciarli indifferenti. Sicuramente cerchiamo chiavi di lettura diverse, originali per quanto possibile (vedi ad esempio il nostro “Madama Butterfly’s son” dove il motore portante diventa il figlio praticamente assente nell’opera Pucciniana). Per noi é fondamentale non limitarci a riprodurre il lavoro di altri ma a darne una nostra visione. La rende più vicina a noi, ci aiuta a farla nostra. I nostri maestri sono le persone che abbiamo incontrato nel corso della nostra vita e che incontreremo sulla nostra strada futura.

La multietnicità, secondo me, è un valore aggiunto. Come riuscite a coniugare le diverse radici e culture per giungere ad uno spettacolo ottimale?
Diverso è bello, è ricco, è stimolante. Non ci siamo mai posti il quesito su come coniugare la diversità é sempre accaduto in modo naturale, spontaneo. La qualità che mi auguro trovare negli altri é la curiosità. Ci ben dispone verso il nuovo, il diverso, lo sconosciuto e ci spinge a crescere. Ci da la consapevolezza che siamo piccoli e che abbiamo ogni giorno tante cose da scoprire che non conosciamo, che non riusciremo mai a conoscere tutto ma possiamo provare a conoscere il più possibile.

Trieste è una città che ha respirato da molto vicino la tragedia dell’Olocausto ed il vostro “Anne Frank – parole dall’ombra”, andato in scena al Teatro Verdi, ha ottenuto un notevole successo di pubblico e critica. A novembre lo debutterete al “John F. Kennedy Center” di Washington ed al “The Weinberg Center for the Arts” di Frederick . Quali reazioni vi aspettate da un pubblico alquanto diverso da chi ha vissuto o ricorda intensamente la tragedia di quel tempo?
L’accoglienza avuta a Trieste ci ha riempito il cuore. É stata di certo un’esperienza incredibile per tutti noi. Sentire che coloro che hanno vissuto da vicino la tragedia hanno ben accolto lo spettacolo comprendendone la sensibilità con cui ci siamo avvicinati alla vicenda è stato toccante.
Le reazioni che ci aspettiamo negli USA, cosí come negli altri Paesi geograficamente lontani dalla tragedia, non ci preoccupa per la semplice ragione che, come dicevo in precedenza, è un vicenda di un buio passato che ha riguardato tutto il genere umano. Non serve aver vissuto in prima persone una tale tragedia per percepirne l’orrore, il dolore che si é celato e taciuto.

I vostri prossimi progetti?
Oltre alle tournee in Italia e all’estero, Svizzera, Canada, Germania, con “Anne Frank” e “Madama Butterfly’s son”, ci sarà la creazione, a Maggio 2015, che debutterà al Teatro Verdi di Pisa, de ‘’Il Cigno nero'’. Lo spettacolo prenderà spunto dall’omonimo libro di Nassim Taleb. In occasione del Tour negli USA ci sarà la prima proiezione del Film tratto dallo
spettacolo “Madama Butterfly’s son”, realizzato interamente in esterna a Roma lo scorso settembre. A Novembre 2015 debutteremo al Kultur Tempel Festival di Karlsruhe in Germania, con una nuova creazione in coproduzione con la ZKM, società specializzata in multimedia. Abbiamo poi alcuni progetti in cantiere che sono in via di definizione e su cui manteniamo ancora il riserbo!

Affermava Vito Levi: “L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria”.

MARIA LUISA RUNTI
© Riproduzione vietata

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