Set
21
ANNE FRANK “PAROLE DALL’OMBRA” debutta al Teatro Verdi di Trieste

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di Maria Luisa Runti

Prolungati, calorosi applausi al Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste per il debutto del balletto Anne Frank “Parole dall’ombra” ideato da Walter Matteini e Ina Broeckx per la Imperfect Dancers Company (libretto a cura di Walter Matteini e Stefano Mecenate). Platea affollata che ha visto anche la presenza di scolaresche sia locali che giunte dal Friuli. Ancora un goal, dunque, per la Fondazione lirica triestina impegnata in questi giorni in due produzioni in contemporanea (“Macbeth” alla Royal Opera House di Muscat in Oman). Lo spettacolo, ispirato alla figura di Anna Frank nel settantesimo anniversario della sua cattura, prende spunto dal suo “Diario” per riflettere sulle atroci pagine di quell’epoca viste con gli occhi coraggiosi di un’ adolescente. Afferma Stefano Mecenate nelle sue “Riflessioni sullo spettacolo”: “Con Anne Frank “Parole dall’ombra” abbiamo inteso rendere omaggio a coloro che sono stati chiamati ad un destino così orribile, a coloro che hanno saputo trasformare quella tragedia in una redenzione attraverso un cammino catartico che ne ha fatto degli eroi, ed a coloro che, invece, non hanno saputo fronteggiarla e ne sono stati schiacciati dopo aver subito l’onta dell’umiliazione e del degrado fisico e morale”.
Una sfida difficile materializzare il “Diario” di Anna nella gestualità della danza, una sfida che la Imperfect Dancers Company ha vinto offrendo uno spettacolo di profonde, sofferte, laceranti emozioni che la superba e coinvolgente coreografia di Walter Matteini ha saputo sottolineare con dinamica forza drammatica e pathos. Le parole, i pensieri di Anna prendono corpo e si trasformano in intensi movimenti interpretativi di struggente e malinconica poesia. Momenti di grande lirismo si alternano ad altri di forte, drammatico impatto quando la musica lascia spazio al frastuono di spari o a quello di un treno in corsa. Poesia catartica e subliminale interrotta, a tratti, dal segno crudo delle maschere a gas o dall’abbaiare di un cane. Ricordi ed emozioni scorrono fra realtà e sogno, fra il desiderare la vita e l’avere la morte accanto.
Immediata la magia che sprigionano i primi movimenti danzanti di Maria Focaraccio che ha reso la sua “Anna” con poetico vigore emotivo ed introspezione in portamenti sincroni, rigorosi, forti e lievi ad un tempo che hanno visto l’apice nel passo a due e nel solo finale. Ottima la prova di tutta la compagnia (Ina Broeckx, Stéphanie Cyr, Kayla May Corbin, Ermo Dako, Valerio Iurato, Julio Cesar Quintanilla Garcia e Armando Rossi) che ha offerto un affresco corale intenso ed armonico di vibrante drammaticità. Scarne e suggestive le scene di Ina Broeckx che ha firmato anche i costumi. Una sorta di grande altalena che si libra a mezz’aria nei momenti del sogno catartico e dei giochi perduti per poi diventare tetto di uno stretto nascondiglio nei momenti del terrore; due “totem” con abiti e masserizie appese come unici elementi che testimoniano vita nell’oscurità delle quinte. Essenziali i costumi, dapprima vibranti nei colori del sangue e della speranza per divenire drammaticamente monocromi nelle scene finali: il grigiore della divisa da carcerati, il bianco della purezza e della liberazione, dell’ultimo anelito vitale volato via. Le luci di Bruno Ciulli hanno ben coadiuvato la messa in scena.
Magnifca la scelta dei brani musicali che la messa in scena del balletto ha presentato per la prima volta suonati dal vivo. A Vivaldi, Bach, Haendel e B. Marcello se ne sono alternati alcuni della tradizione ebraica (registrati con il Coro della Comunità Ebraica di Livorno) ed un prezioso pezzo tradizionale per violino solo interpretato in scena da Marco Fiorini con intimo, appassionato lirismo. Alvise Casellati ha diretto l’Orchestra della Fondazione lirica triestina con un connubio di suggestioni ed equilibri armonici e coloristici in un continuo crescendo emozionale dando prova di grande sensibilità interpretativa.

Affermava Vito Levi: “L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria”.

MARIA LUISA RUNTI
© Riproduzione vietata

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