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di Maria Luisa Runti

Das Liebesverbot oder Die novize von Palermo (Il divieto d’amare) di Richard Wagner, in prima assoluta per Trieste, ha inaugurato con grande successo ed entusiasmo di pubblico la Stagione Lirica e di Balletto del Teatro Verdi di Trieste, il 18/12/2014. Lo spettacolo è una nuova produzione del Bayreuther Festspiele (BF-Medien GmbH) e l’Oper Leipzig in collaborazione con la Fondazione lirica triestina. Il divieto d’amare è la seconda opera giovanile di Richard Wagner e la prima ad essere stata rappresentata. Il libretto, in due atti, fu scritto dallo stesso compositore e si ispira liberamente alla commedia di Shakespeare “Measure for Measure”, con l’intenzione di smascherare la doppia morale del suo tempo. Composta nel 1834, fu diretta dallo stesso Wagner il 29 marzo 1836, al Teatro di Magdeburgo, in prima assoluta. Fu un fiasco clamoroso e non più portata in scena durante la sua vita. Occasionalmente è stata ripresa, più per motivi di curiosità che per ragioni artistiche; in particolare nel 1983, anno del centenario della morte di Wagner, quando fu diretta con discreto successo da Wolfgang Sawallisch. In Italia è stata rappresentata un’unica volta, nel 1991, al Teatro Massimo di Palermo. L’opera, chiaramente influenzata dall’ opera buffa italiana, vede la trama ambientata a Palermo, anziché nella Vienna immaginaria dell’autore. Con tale ambientazione Wagner - come scrisse nel suo “Diario” - intese porre l’accento sull’intrigo come “contrasto tra la glorificazione della libera sensualità mediterranea contro l’ipocrisia puritana dello spirito teutonico”. Tema centrale del libretto è, infatti, l’aspirazione a un eros libero, non più costretto entro una morale rigida e bigotta. Questa “Grand Opera Comic” dimostra uno stile del tutto diverso di Wagner e fa presagire l’arrivo del movimento Sturm und Drang del 19 ° secolo. Grande merito va al Teatro Verdi di Trieste di aver voluto riproporre questa produzione che, secondo me, non giustifica il fiasco del suo debutto nel 1836. Pur avendo i limiti di un’opera giovanile e legata alla tradizione ereditata da Bach e Mozart (in molti punti la musica appare ricalcata su modelli noti, quali Weber e Beethoven nonchè, al di fuori dall’ambito tedesco, il prediletto Bellini, oltre ad Auber e Meyerbeer) la partitura dimostra una sua brillante e spiccata vivacità che si sviluppa in crescendo sino all’esplosivo finale. 2-das-liebesverbot-al-verdi-di-ts-foto-di-fabio-parenzan Oliver von Dohnányi ha impresso all’Orchestra della Fondazione lirica triestina una buona, convincente e brillante direzione e concertazione, soprattutto nell’introduzione, dove crescendo ritmico e timbrico ben preludono al canto. Un connubio armonico di sonorità e cromie timbriche, una lettura attenta e coinvolgente, ottimamente coadiuvata da tutta la compagnia di canto e dal coro, diretto da Paolo Vero. Il cast dei cantanti ha visto Tuomas Pursio, Lydia Easley, Mark Adler, Anna Schoeck, Reinhard Dorn, Mikheil Sheshaberidze, nei ruoli principali, nonchè Federico Lepre, Pietro Toscano, Francesca Micarelli e Cristiano Olivieri. Assoluta armonia vocale di tutta la compagnia di canto, ottime coloriture, tessitura appropriata ed a tono, potenza timbrica ed espressiva hanno dato luogo ad una coralità interpretativa di ottimo livello. Attorialmente si sono distinti Tuomas Pursio nel ruolo di Friedrich e Reinhard Dorn in quello di Brighella; Lydia Easley (Isabella) e Anna Schoeck (Mariana) hanno reso i loro personaggi con consumata abilità scenica. La regia di Aron Stiehl (ripresa da Philipp M. Krenn) ha sapientemente coordinato la movimentata azione scenica, con brillante, vivace equilibrio. Le scene di Jürgen Kirner ed i costumi di Sven Bindseil non hanno assolutamente convinto. Un miscuglio confuso di loculi e foreste tropicali ed enormi maschere nel finale non spiegano né giustificano la trama dell’opera, pur con i suoi connotati carnascialeschi. I costumi “animalier”, che vagamente ricordano quelli di “Cats”, si alternano a divise di riminescenza austro ungarica, stile marionetta. Belle ed a tono le luci di Claudio Schmid.
Calorosissimi applausi, lancio di fiori, e ripetute chiamate alla ribalta, che hanno visto salire in scena anche l’orchestra tutta, hanno coronato il successo di questa interessante e “preziosa” prima triestina.

Si replica sino al 4 gennaio 2015

MARIA LUISA RUNTI
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Foto: Fabio Parenzan - Visual Art

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Teatro Verdi, recensione, Maria Luisa Runti