pulizia strade I brevetti su cui una ditta romana ha costruito il “monopolio” della pulizia delle strade dopo gli incidenti «sono privi dei requisiti di validità», pertanto il Tribunale di Trieste ne «dichiara la nullità».
Il Tribunale di Trieste ha rigettato le domande proposte dall’azienda romana nei confronti delle aziende friulane, accusate di contraffazione e concorrenza sleale. Il sistema informatico e il veicolo polifunzionale non hanno - secondo i giudici - carattere inventivo o di novità. Non vi è «alcun segreto aziendale» da svelare nella tecnica usata per pulire l’asfalto da materiali inquinanti, né è sufficiente parlare di un «liquido speciale» non meglio specificato.
Per aggiudicarsi “in esclusiva” dagli enti locali il servizio di ripristino del manto stradale post-incidente (900 euro rimborsati per ogni intervento), l’azienda deve costruire una fortezza che sia inattaccabile dai concorrenti. Da qui l’idea di brevettare i mezzi utilizzati, il sistema informatico e addirittura il business aziendale, “consacrato” in un libro depositato alla Siae. In base, infatti, all’articolo 57 del decreto legislativo 163 del 2006, le stazioni appaltanti possono evitare la pubblicazione di un bando di gara «qualora per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente a un operatore economico determinato».
La titolarità di mezzi, prodotti e protocolli coperti da brevetto è alla base di quella “unicità” a cui si appella l’azienda con gli enti locali, al punto da vantare convenzioni con 1.700 comuni e 38 province in Italia. «I brevetti - spiega la brochure aziendale - pongono la nostra società nella benevola condizione di esclusività del servizio e ne giustificano l’affidamento diretto da parte della pubblica amministrazione».
È successo anche a Roma. Nel febbraio del 2009, l’allora direttore generale dell’azienda si presenta negli uffici della Polizia Municipale chiedendo di gestire la messa in sicurezza delle strade, allegando alla proposta una domanda di brevetto per invenzione industriale. Il servizio gli viene concesso prima per sei mesi, in via sperimentale, e poi, il comandante dei vigili ne dispone l’aggiudicazione, per altri tre anni, tramite il sistema del Mercato elettronico della Consip, senza indire una gara. Un modo per accorciare i tempi, con procedure «viziate dall’inosservanza consapevole della normativa di legge», è la spiegazione che lo scorso febbraio ha portato all’arresto di alcuni dirigenti al vertice dell’azienda romana (misure cautelari revocate a maggio dal Tribunale del Riesame). In cambio - è la tesi sostenuta dalla Procura di Roma - l’ex comandante avrebbe ricevuto «denaro e altre utilità, tra cui finanziamenti sotto forma di sponsorizzazioni per il Circolo sportivo della Municipale».
Nei casi in cui ritenga che il proprio “monopolio” sia minato dalla concorrenza, Sicurezza e Ambiente cita in giudizio le aziende rivali, accusandole di “copiare” le proprie tecniche di pulizia dell’asfalto da olio e pezzi di carrozzeria. L’azienda ha chiesto al Tribunale di Trieste di accertare la contraffazione, da parte delle due ditte friulane, dei suoi brevetti italiani e delle corrispondenti domande europee, sul “sistema informatico” per gestire la rete degli interventi e sul “veicolo polifunzionale” usato per la bonifica dell’area interessata da incidenti. Di verificare inoltre se fossero stati violati i diritti di privativa industriale, coperti dalle domande di brevetto europeo e internazionale, relativi al “modulo polifunzionale”, applicato a furgoni e autocarri, e il diritto d’autore per il libro sul know-how aziendale.
«Le procedure di pulizia e ripristino strade post-incidente - si legge nella sentenza - non rientrano certo nell’ambito di protezione riservata alle opere dell’ingegno di carattere creativo (come letteratura, musica, architettura, teatro, cinema)».
Per quanto riguarda le domande di brevetto europeo e internazionale «non sono opponibili, poiché non erano state ancora pubblicate al momento dell’introduzione del giudizio, né erano state depositate le traduzioni in italiano delle loro rivendicazioni».
Sui due brevetti italiani, invece, i giudici hanno sposato le conclusioni a cui era arrivato il consulente tecnico d’ufficio nella relazione depositata il 7 giugno 2013: il sistema informatico dell’azienda romana «non ha altezza inventiva rispetto allo stato dell’arte» e descrive «procedure prive di carattere tecnico, quindi non brevettabili». Non vi è poi nessuna contraffazione, perché «il call center - si legge nella sentenza - opera in maniera diversa rispetto al sistema descritto nel brevetto di Sicurezza e Ambiente». Passando poi il veicolo polifunzionale, il relativo brevetto «non soddisfa i requisiti di novità e altezza inventiva» e il fatto di descrivere come “speciale” il liquido utilizzato per pulire le strade «risulta vago e indefinito» e comunque «tale da non consentire di riprodurre l’invenzione».


Tribunale, brevetti, falsificazione