danubio bloccatoL’inverno scorso era stato il grande freddo e il ghiaccio a bloccarlo, per settimane. Oggi, in un autunno caldo sia meteorologicamente sia socialmente, a farlo non è stata la natura, ma la crisi. Il risultato alla fine è lo stesso: il Danubio è interrotto, in Serbia. A impedire il transito delle chiatte, delle navi da trasporto e di quelle da crociera, un manipolo di 200 operai della “Dunav grupa agregati”, grande azienda specializzata, tra le altre cose, in «trasporti fluviali, costruzioni di porti, strutture idriche e imbarcazioni e riparazioni di dighe», si legge sul sito ufficiale dell’impresa. Un’impresa che, tuttavia, ha lasciato da mesi senza stipendio 500 suoi dipendenti. Dipendenti che ora hannoscelto la strada della lotta dura per far valere i propri diritti. Nei pressi della città di Novi Sad, da due giorni varie imbarcazioni e tre chiatte piazzate in mezzo al grande fiume hanno bloccato la navigazione sul Danubio, una delle vie fluviali continentali più importanti d’Europa. A tratti, i manifestanti lasciano tuttavia passare alcune navi, a loro discrezione. «Se verranno ad arrestarci, ci difenderemo. Preferiamo finire in prigione, almeno avremo tre pasti al giorno e un tetto sopra la testa», ha spiegato alla stampa locale uno degli operai della ditta, Aleksandar Vacic. Operai che avevano già tentato la via del blocco del Danubio lo scorso aprile, poi venendo a più miti consigli dopo essere stati rassicurati che le loro richieste sarebbero state accolte. Maquesta volta,dopo che le promesse non sono state mantenute, sarà diverso. «Non molleremo, perché non abbiamoalternative », harincaratoun collega-sindacalista di Vacic, Novica Cvetkovic, mentre altri operai hanno assicurato che la protesta potrebbe durare settimane. Una protesta che si somma a quella di ieri a Belgrado di un centinaio di tecnici agricoli che hanno perso il lavoro nelle scorse settimane dopo la severa “spending review” decisa dal governo serbo – con annesso aumentodell’Iva al20%-, adottata per tenere sotto controllo il deficit. Tutti segni di una crisi economica che non accenna ad allentare la presa sul Paese balcanico, che attende un calo del Pil del -1% quest’anno e l’inflazione al 9%. Una crisi che sarà aggravata dall’annunciato aumento dei prezzi. Dalle sigarette (altri 10 centesimi) al carburante (sino a 5 centesimi), fino agli alimentari, in continuo incremento.
Stefano Giantin (da il Piccolo)