24-25 ottobre 2014 ore 21
Udine, Teatro Palamostre
RICCI/FORTE Darling
il 25 ottobre, al termine dello spettacolo ricci/forte incontrano il pubblico
il 24 ottobre, al termine dello spettacolo dj set con Michele Poletto
Darling, il primo balbettio nella nuova polis. Darling, l’alfabetizzazione di un sentimento. Darling, il perimetro di un terreno emotivo da arare. Darling, il singulto ctonio della tragedia eschilea. Darling, lo tsunami che cancella l’ordine delle cose ripristinando il culto orfico dei morti. Darling, un container in cui immagazzinare simboli e sensi, umani e divini, che riesplodono in attesa del prossimo imbarco.
In un aeroporto della mente, valvola liminale ancora attiva, l’accampamento profughi dopo la grande onda ripercorre i brividi di un passato attraverso le impronte lasciate sulle cose strappate all’acqua. Senza domicilio etico, attendiamo la fiamma come scolte in attesa del ritorno del padre guerriero. In questa improvvida fase di transizione si celebra un rito di passaggio all’inverso, come un rigurgitare a fiotti animaleschi e recuperando – dopo il crollo dei panorami ordinati – il tanfo di viscere inondate di sangue giustiziere.
Come in un’istantanea di Gregory Crewdson, la realtà apparentemente rassicurante viene disturbata dall’irruzione della natura, che attesta il suo predominio e vanifica ogni tentativo di “domarla” attraverso la Dike di stato, una Giustizia sempre più ad uso e consumo delle classi dirigenti. Una realtà fittizia che si mostra con tutta la forza di persuasione di una realtà autentica. Un falso che però, a differenza di una copia, si sovrappone al reale perfezionando l’originale attraverso nuovi rituali: potenti atti sociali che proprio nel momento in cui l’ordine viene alterato da eventi naturali ricrea un nuovo stato, differente da quello precedente. Vanificato il tentativo di crearne uno ideale - Hannah Arendt racconta bene quanta inconsapevolezza ci sia stata in questa degenerazione autodistruttiva di regolamentazione di un gruppo sociale - percepiamo di nuovo il nostro polso e ammaliante è il richiamo di un proprio individuale, barbarico, senso etico.
Gli orrori dell’Orestea, indipendentemente dalla domanda se siano o meno così lontani dai simboli che ci vivono addosso, possono restituirci attraverso l’incubo una nuova piattaforma solida sulla quale poggiare le speranze di un futuro? O sarà l’ennesimo padiglione ospedaliero in cui accetteremo la punizione del bromuro mitrale pur di seguire la striscia continua dell’utopica democrazia che ci viene indicata? Talpe da giardino, scardiniamo le aiuole ordinate cercando un vestito che ci faccia sembrare abitanti civilizzati di un fraudolento mondo perfetto.
In un mondo fatto di algida rappresentazione del Sé, di fredda razionalità, il vecchio sistema di valori, pervaso di fede nei miracoli e di magia, sembra addirittura psicotico. Ma la sua logica paradossale supera tutti i postulati di realtà, come nell’inconscio di un sogno.
Eschilo e Ricci/Forte, genesi e ipercontemporaneo, Artaud e l’hard rock dei Led Zeppelin, sovrapposizioni intertestuali sonore e fisiche, tutte tese a scansionare una lisergia che - proprio in un momento storico come questo in cui una società si determina attraverso la delimitazione dell’Altro (assicurandosi così la propria identità) - serva da bussola per rintracciare traiettorie.
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