grotte “L’AcegasApsAmga parla di acqua, ma si dimentica degli speleologi”
“Nell’opuscolo HYDROKARST nessun accenno a chi ha scoperto e continua a monitorare le grotte che alimentano le falde freatiche”
Di seguito, il contenuto del comunicato:
Trieste, 7 agosto 2014 – Nell’opuscolo Progetto HYDROKARST l’acquifero del Carso quale risorsa idrica strategica transfrontaliera, distribuito in questi giorni dall’AcegasApsAmga in 210.000 copie, si ripercorre il viaggio dell’acqua fino ai nostri rubinetti, partendo in gran parte dalle falde profonde della pianura isontina, ma ricevendo anche un copioso contributo dalle acquee ipogee del Carso classico. Stranamente non si accenna agli speleologici che con la loro attività permettono il monitoraggio delle grotte e delle falde da dove quell’acqua proviene. Dopo l’azzeramento dei contributi regionali, si sta configurando un nuovo e preoccupante tassello di quello che sembra un vero e proprio oblio attuato da enti e istituzioni nei confronti della speleologia triestina che da 200 anni studia quel delicato mondo che abbiamo sotto i piedi.

Il “Progetto HYDROKARST” ha come obiettivo la gestione coordinata e la tutela dell’acquifero del Reka-Timavo attraverso il monitoraggio quantitativo e qualitativo delle acque ipogee e del territorio del Carso Classico. Nell’opuscolo recapitato nelle case di Trieste si parla ampliamente del fiume Timavo, degli inghiottitoi, della falda freatica, delle grotte e del carsismo, sottolineandone la delicatezza e l’importanza di un continuo monitoraggio. Curiosamente però non si accenna minimamente alla speleologia e agli speleologi, figure profondamente legate all’acqua: se il fitto reticolo di cavità che drena l’acqua in profondità è oggi in buona parte noto, lo si deve infatti solo ed esclusivamente agli speleologi e alle ricerche da loro condotte in quasi due secoli di attività.

Una dimenticanza che sembra ormai un’abitudine proprio a Trieste, città che è divenuta nel tempo un riferimento mondiale per questa particolare branca della geologia grazie agli oltre 900 praticanti, veri e propri professionisti sia dal punto di vista tecnico-sportivo che da quello cultural-scientifico che ogni settimana ispezionano decine di cavità carsiche. Le prime ricerche nelle grotte di casa nostra risalgono all’800 proprio per cercare il prezioso liquido nelle vicinanze di una città il cui fabbisogno idrico era aumentato parallelamente all’aumento della sua popolazione. Le Istituzioni scientifiche, già da molti anni hanno compreso l’importanza, sia dal punto di vista geologico che idrologico, del fenomeno carsico. E soprattutto hanno capito come il suo studio sia possibile solo grazie alla collaborazione degli speleologi che rimangono gli unici a poter avere l’accesso al mondo sotterraneo.

La mancata citazione della speleologia all’interno dell’opuscolo del “Progetto HYDROKARST” si aggiunge alla riduzione in atto dei contributi finanziari riconosciuti dalla Regione alla speleologia fin dal 1966: inizialmente diminuiti in conseguenza della crisi economica, quest’anno sono stati quasi completamente azzerati, mettendo così a serio rischio le attività dei dieci gruppi grotte ufficiali. Le acque carsiche rappresentano il futuro dell’approvvigionamento idrico, ma si tratta di sistemi idrologici estremamente vulnerabili e che per questo motivo vanno adeguatamente monitorati e tutelati. Se il futuro non si prospetta roseo per la speleologia, non lo sarà quindi neppure per la ricerca e il monitoraggio del mondo sotterraneo, con tutte le conseguenze del caso.

Per maggiori informazioni e interviste: Furio Premiani, presidente della Federazione Speleologica Regionale del Friuli Venezia Giulia e della Federazione Speleologica Triestina: 347.4545824


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