giornalista freelance Una lettera aperta, firmata da undici giornalisti freelance italiani, è stata consegnata da qualche giorno al Pontefice, Papa Francesco. Tema: le condizioni di sfruttamento e mancanza di tutele in cui versano in Italia la maggior parte dei giornalisti lavoratori autonomi. Che, secondo dati ufficiali, sono oggi il 60% di quelli attivi, a fronte di un 40% con contratti da dipendenti. Gli undici firmatari, rappresentativi di varie realtà regionali, sono tutti membri della Commissione nazionale Lavoro autonomo della FNSI, il sindacato dei giornalisti italiani, e di altri organismi nazionali e regionali di categoria.

Richiamandosi ai ripetuti interventi del Pontefice sulla dignità del lavoro e i drammi della disoccupazione, i firmatari evidenziano a Papa Francesco come i giornalisti non dipendenti versino in maggioranza in condizioni di grave precarietà e sfruttamento economico: articoli e servizi spesso retribuiti con 5, 10 o 15 euro lordi (ma a volte anche 1 euro), con spese, contributi e rischi a carico. Quasi il 70% dei giornalisti non dipendenti (sempre secondo i dati ufficiali della categoria) guadagna meno di 10 mila euro lordi l’anno e il 49% meno di 5 mila. E questo perchè le retribuzioni vengono stabilite unilateralmente dai datori di lavoro.

I freelance firmatari della lettera, apprezzando i moniti di Papa Francesco sulle problematiche del lavoro, e impegnati a loro volta per l’attuazione della legge sull’equo compenso dei giornalisti non dipendenti, si appellano al Pontefice affinchè li aiuti “a far capire a tutti i cittadini e alle istituzioni, spesso sorde, che in Italia i giornalisti lavoratori autonomi sono in larga parte tutt’altro che dei privilegiati”, e che dev’essere rispettata la loro “dignità di lavoratori, che hanno diritto a un presente e a un futuro di vita personale”. Perchè, concludono, “difendere la dignità della professione giornalistica, in tutte le forme in cui viene esercitata, è difendere anche la dignità e la libertà dell’informazione in questo Paese”.

A Sua Santità, Papa Francesco

Santo Padre,

sappiamo che, rispetto ai gravi mali del mondo, noi che Le scriviamo non ci troviamo tra gli “ultimi” dell’umanità. E neppure tra i penultimi. Siamo, in effetti, fra tanti altri.

Siamo giornalisti, e la nostra “missione” è l’informazione: rendere pubblici i fatti che i cittadini hanno il diritto di conoscere. E perciò raccontiamo, malgrado tutto, ciò di cui siamo testimoni.

Diciamo “malgrado tutto”, perché la maggioranza dei giornalisti italiani appartiene alla fascia disagiata e precaria dei lavoratori autonomi. Ma i mezzi di comunicazione per cui lavoriamo non danno certo spazio e voce alle nostre istanze. Non riusciamo così a raccontare ai cittadini la gravità della nostra condizione lavorativa. Tanto che in molti credono che siamo una casta, che gode di privilegi ben al di sopra dello standard di vita medio della popolazione.

Come giornalisti e cittadini abbiamo ascoltato le Sue recenti parole, forti e chiare, pronunciate il 22 settembre a Cagliari ma anche altrove, sulla dignità del lavoro e delle persone, sul dramma della disoccupazione e delle speranze disilluse. Perciò Le scriviamo affinché si sappia che noi siamo sì giornalisti, ma non i privilegiati a cui tanti pensano.

Siamo lavoratori, con o senza Partita IVA, costretti dalla crisi a esercitare una “libera professione” che si trasforma in una prigione di stenti e difficoltà economiche, perché il nostro compenso viene deciso e imposto da altri.
Molti di noi, pur lavorando a tempo pieno e senza orari, non guadagnano neppure quanto serve per mantenersi; tanto che sono costretti a contare sulla solidarietà dei propri cari, nell’attesa di tempi migliori; che però non giungono.

La maggior parte di noi vive nell’incertezza del presente e del futuro. E, a fronte dei pochi retribuiti con cifre dignitose e talvolta anche elevate, molti autonomi si vergognano persino di confessare quanto guadagnano, perché si sentirebbero sviliti nella dignità personale.

In questo lavoro ridotto a prigione sono rinchiuse la passione per il nostro mestiere, e anche parte dell’informazione e della libertà di stampa di questo Paese. Perché siamo noi “precari”, che scriviamo tanto di quello che si legge sui giornali, che si sente e vede in radio e tv, o nei mille canali del web. Noi parliamo degli altri, garantendo l’informazione per i cittadini, fatta delle piccole e grandi notizie che si susseguono quotidianamente.

Ma siamo alla mercé di un mercato che ha spesso portato i nostri compensi di lavoratori autonomi a livelli insufficienti per garantire una vita indipendente dalle famiglie di origine, e tantomeno a formarne di nuove. Non abbiamo le tutele di chi ha un contratto. Non abbiamo ferie pagate, né riposo settimanale, né copertura malattia né ammortizzatori sociali.

I giornalisti lavoratori autonomi sono pagati in media dai cinque ai quindici euro lordi per un articolo, che può richiedere anche varie ore di lavoro. E da questi importi vanno detratte le spese e i contributi previdenziali. Ma non sono rare le retribuzioni anche inferiori, persino meno di un euro. Pochi spiccioli vengono riconosciuti per una fotografia, cifre irrisorie per girare e montare video. C’è addirittura chi ci chiede di scrivere gratis, in nome della “visibilità” assicurata dalla firma su un testo pubblicato, o per vedersi poi retribuire altri servizi, ma alle cifre prima indicate.

Santità, Padre Francesco, per queste ragioni rispettosamente Le chiediamo di aiutarci a far capire a tutti i cittadini e alle istituzioni, spesso sorde, che in Italia i giornalisti lavoratori autonomi sono in larga parte tutt’altro che dei privilegiati. Che chiediamo sia rispettata la nostra dignità di lavoratori, che hanno diritto a un presente e a un futuro di vita personale.

Perchè difendere la dignità della professione giornalistica, in tutte le forme in cui viene esercitata, è difendere anche la dignità e la libertà dell’informazione in questo Paese.

Maurizio Bekar (Trieste)
Saverio Paffumi (Milano)
Solen De Luca (Roma)
Antonio Armano (Milano)
Moira Di Mario (Roma)
Dario Fidora (Palermo)
Giovanni Ruotolo (Torino)
Susanna Bonfanti (Firenze)
Francesca Marruco (Perugia)
Laura Viggiano (Napoli)
Claudio Chiarani (Riva Del Garda)

giornalisti freelance, membri della
Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

(Roma, 2/11/2013): I FREELANCE FIRMATARI DELLA LETTERA AL PAPA
Gli undici firmatari della lettera aperta a Papa Francesco, rappresentativi di varie realtà regionali, della professione e presenti in vari organismi della categoria, sono: Maurizio Bekar (Trieste), Saverio Paffumi (Milano), Solen De Luca (Roma), Antonio Armano (Milano), Moira Di Mario (Roma), Dario Fidora (Palermo), Giovanni Ruotolo (Torino), Susanna Bonfanti (Firenze), Francesca Marruco (Perugia), Laura Viggiano (Napoli), Claudio Chiarani (Riva Del Garda)

(Roma, 2/11/2013): FREELANCE SCRIVONO AL PAPA: PERCHE’?

Il commento dei primi firmatari della lettera dei giornalisti freelance al Papa:

“Santo Padre. Perché questa iniziativa? La risposta è semplice: perché a volte sembra che soltanto l’intervento divino o un miracolo vero e proprio potrebbe convincere gli editori e il Governo ad accogliere un principio semplice e basilare come quello di “equo compenso”, così come è espresso dall’art. 36 della Costituzione Italiana: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Principio che si fonda, a sua volta, su un altro impegno fondamentale, stabilito dall’art. 3: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

La metafora di cui sopra è ironica, ma quanto mai rispettosa, perché non ci aspettiamo che Padre Francesco, con tutta l’umana sofferenza che esiste nel mondo, faccia il miracolo o interceda per noi nei confronti dell’Altissimo. Proprio per questo la lettera è “aperta” e vuole essere soprattutto un richiamo a quanti hanno potere sulle cose terrene, perché si impegnino a non insabbiare insieme alla legge sull’Equo Compenso, anche la speranza nella possibilità di ridare dignità al lavoro dei giornalisti senza contratto. Questi ultimi ormai sono la maggioranza dei giornalisti italiani attivi: almeno 6 su 10, secondo gli ultimi dati a disposizione”.
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