fincantieri-proteste Una valanga di nuove cause per il riconoscimento del “tempo tuta”, intentate da lavoratori dello stabilimento di Panzano, rischia di abbattersi in tempi brevi su Fincantieri.
Dopo il risarcimento stabilito dal Tribunale di Gorizia a favore di tre lavoratori (il primo circa un anno fa, e altri due alla fine dello scorso maggio), una quindicina di cause, anche queste individuali, sono all’esame del giudice del lavoro di Gorizia.
Nel complesso, però, queste vertenze giudiziarie ammontano a un’ottantina, secondo quanto risulta all’Ugl metalmeccanici, che come Failms-Cisal e Fismic, è una delle organizzazioni sindacali che ha offerto il supporto dei propri patronati ai lavoratori di Fincantieri che hanno inteso chiedere il riconoscimento del “tempo tuta”.
Si tratta, com’è noto, del tempo impiegato dagli operai per cambiarsi all’inizio e alla fine del turno di lavoro, che fino al 2007 era incluso nell’orario. Da quasi sei anni, invece, in seguito a un radicale cambio di organizzazione e di abitudini consolidate da decenni, cambiamento legato al completamento della nuovo palazzina spogliatoi, prima ci si cambia e poi si timbra il cartellino.
«Abbiamo ritenuto di sostenere i lavoratori in un percorso che rimane del tutto individuale e discrezionale», spiega Mauro Marcatti, della segreteria provinciale dell’Ugl, che aggiunge: «A noi si sono rivolti anche lavoratori iscritti ad altri sindacati; in particolare abbiamo raccolto molte più istanze da tesserati della Fiom che da quelli dell’Ugl».
Del rischio che le azioni legali avviate per il riconoscimento del tempo “tempo tuta” rappresentano per Fincantieri se n’è parlato, tra l’altro, nell’incontro di giovedì scorso, nella sede di Confidustria Gorizia, fra il responsabile del personale del cantiere di Panzano, Adriano Marchese, e i rappresentanti dell’Ugl.
A livello di gruppo Fincantieri potrebbe infatti trovarsi a dover sborsare oltre 70 milioni di euro. Solo per il cantiere di Monfalcone, secondo i calcoli fatti a suo tempo dalla Fismic, questo costo ammonterebbe a 7 milioni per gli arretrati e a un milione e mezzo per gli straordinari di ogni anno. Risulta poi che le richieste di risarcimento per le 80 cause indivuali già ricordate ammontano a cifre variabili fra gli 8mila e i 12mila euro.
Fincantieri, attraverso un portavoce, replica che le nuove azioni legali di cui l’azienda ha notizia sono invece una trentina, e fa notare poi che «pur prendendo atto delle decisioni del giudice, non le condivide. Tant’è che, in riferimento alle sentenze in questione è stato immediatamente proposto appello (l’inizio del giudizio di secondo grado relativo alla prima sentenza è atteso a ottobre, ndr). Se questo principio si consolidasse - aggiunge il gruppo cantieristico - il danno, in termini di costi, sarebbe ingente e tale da poter compromettere la competitività dell’azienda in un contesto internazionale già critico».
L’incontro di giovedì scorso in Confindustria, tra il capo del personale dello stabilimento di Panzano e l’Ugl, è stato comunque incentrato soprattutto sulla gestione degli scarichi di lavoro e degli esuberi strutturali (137, come riferisce l’Ugl) e di quelli temporanei, attraverso il ricorso alla cassa integrazione.
«Abbiamo ribadito l’esigenza di un’equa rotazione della “cassa”, posto il problema del reintegro di persone da tempo fuori produzione - spiega Marcatti - ma che non possono rientrare, per motivi di salute, nei posti precedentemente occupati, e chiesto di limitare il ricorso agli appalti, a fronte degli scarichi di lavoro che coinvolgono i lavoratori diretti. Su questo tema abbiamo ricevuto rassicurazioni».
Nella riunione, sempre secondo quanto riferito dall’Ugl, Fincantieri ha ribadito sia il livello degli investimenti effettuati a Monfalcone, ma anche l’assenza di nuovi ordini per lo stabilimento.
(Laura Blasich - Giuseppe Palladini - da Il Piccolo)
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