1 alessandra sagelli Si illumina “d’immenso” Alessandra Sagelli quando parla della “sua” musica antica. Una passione profonda, radicata, che non conosce ostacoli. Una scelta difficile, considerando i tempi  duri che anche la cultura sta attraversando. Il suo entusiasmo è contagioso! Schietta, pratica, organizzata, riesce a gestire studio, lavoro e ruolo di mamma con lo stesso entusiasmo dinamico. Un fiume in piena quando racconta del suo bimbo da cui non si separa quasi mai. Un piccolo viaggiatore che la segue nelle tournee sia quando suona come solista sia quando accompagna il marito nelle trasferte in Australia. Una giovane Donna, un’Artista che crede ancora negli ideali e riesce a viverli.

Giovanissima, triestina, sulla strada del successo dopo i diplomi in pianoforte, clavicembalo ed il master in fortepiano. Come è iniziato il percorso?

Con lo studio del pianoforte ma, nel corso degli anni, ho voluto accostarmi anche al clavicembalo. Mi sono avvicinata alla musica antica un pò per curiosità e ne è nata una grande, profonda passione. Mi sono iscritta ai corsi di clavicembalo ed infine, proprio per questo profondo amore, mi sono dedicata altresì all’ultimo strumento a tastiera che concerne questo campo, il fortepiano. Non poteva mancare! Ora, inoltre, suono anche il clavicordo, un altro meraviglioso strumento a tastiera del ‘700. Mi piacciono tutte le tastiere antiche.

Pianoforte con repertorio classico o anche moderno?

La mia predilezione è sempre andata al repertorio classico, non mi sono mai addentrata molto in quello contemporaneo. Già durante lo studio del pianoforte le mie preferenze e gli autori che più mi erano congeniali erano quelli del classicismo: Mozart, Haydn, il primo Beethoven. E’ impagabile poterli suonare sugli strumenti per cui i pezzi sono stati concepiti.

Attualmente qual è il suo repertorio?

Spazia da Carl Philipp Emanuel Bach, che è uno degli autori più significativi per fortepiano, a tutto Mozart, Haydn, ed a anche a buona parte di Beethoven.

Gli strumenti sono suoi personali?

Sì. Il fortepiano è stato realizzato lo scorso anno da un costruttore di Perugia ed è una copia di uno strumento di fine ‘700. Il clavicordo invece è uno strumento inglese, a cui si aggiunge il mio cembalo.

Questi strumenti vengono sempre portati in tournee? Come riesce ad organizzarsi?

E’ alquanto difficile! Il clavicordo è il più trasportabile. Quando si viene chiamati per un concerto con fortepiano o clavicordo quasi mai li si trova a disposizione nel teatro. Perciò devo portare i miei, devo sistemarli, accordarli…

Le spese di trasporto dello strumento rientrano nel cachet che vi danno?

Purtroppo no. I cachet risentono moltissimo della crisi, molto spesso non si è praticamente remunerati, considerando tutti i costi a cui si va incontro. E’ un impegno non da poco, gli strumenti sono delicati, pesanti, ingombranti.

Se ho ben capito è lei che provvede all’accordatura. E’ materia d’insegnamento in conservatorio?

Sì certo, a volte lo strumento richiede un’accordatura anche giornaliera, è sufficiente che cambi il clima perchè non abbia più il suono desiderato. Un bravo docente di conservatorio deve insegnare anche ad accordare e non solo… A volte necessitano dei piccoli interventi di riparazione, come ad esempio il cambiare una corda. Io ho seguito proprio un corso di accordatura e manutenzione dello strumento.

Dal conservatorio di Trieste a quello dell’Aia per il master in fortepiano, quale differenza di metodi e di “ambiente”?

Ho vissuto all’Aia per quattro anni, prima per il “bachelor” eppoi per il master con Bart Van Oort che è un fortepianista di grandissimo valore. La differenza è enorme! Non tanto e non solo per gli insegnanti poichè buoni o cattivi insegnanti si possono trovare sia Trieste che all’Aia, ma per tutto ciò che attiene all’approccio alla musica che loro possiedono. E’ una caratteristica della scuola nordica, molto più razionale, molto interessante perché insegna a leggere lo spartito ed a capirne il significato. In Italia si parla molto di sentimento, di istinto, di cuore… parole che ci contraddistinguono! E’ invece importante apprendere e capire le regole, approfondire le basi della conoscenza. Un’altra differenza notevole è la tipologia della struttura. Vastissima, con dozzine di aule ed uffici dotati di personale che può sopperire ad ogni genere di necessità. I docenti sono tutti di chiara fama. Il dipartimento di musica antica (oltre duecento iscritti), mette a disposizione dello studente ogni tipo di strumento antico possibile.

Perché ha scelto proprio l’Aia?

Ho fatto “Erasmus” ad Anversa come clavicembalista ed ho avuto modo di conoscere Bart Van Oort. Mi sono appassionata al suo strumento e perciò, considerando che l’Aia possiede uno dei più importanti conservatori per la musica antica in Europa, accanto alla “Scuola Cantorum” di Basilea, ho deciso di compiervi gli studi.

Dopo questo “altro mondo” si sono aperte delle “porte” lavorative?

Ho eseguito diversi concerti ma ciò che è fondamentale è la possibilità di fare delle conoscenze, di farsi ascoltare. E’ indubbiamente una carta in più che offre maggiori opportunità.

Oggi la sua carriera è incentrata un po’ in Italia, un po’ in Europa ma anche in paese extraeuropei, come l’Australia…

In realtà quest’ultimo anno mi sono un po’ fermata perchè sono diventata mamma. Ora sto riprendendo i concorsi che intendo sostenere, come pure i concerti. In Italia le prospettive sono pressochè zero, all’estero va un po’ meglio ma anche l’Europa risente della crisi, alcune orchestre vengono chiuse, non è un buon momento…

Mi parli dell’Australia che continua ad accogliere i nostri artisti con grande entusiasmo!

Io non vi ho ancora suonato come solista ma ho accompagnato mio marito, che è baritono, ed assieme a lui abbiamo tenuto una “master class” per i giovani artisti dell’Opera Australia che ha avuto molto riscontro e grande successo. Non ho ancora potuto fare dei concerti, sebbene propostimi, poichè con il solo visto turistico ciò non è possibile; serve il visto lavorativo, di cui invece usufruisce mio marito.

Oltre al grande entusiasmo che gli australiani provano per l’opera lirica c’è anche spazio per il filone della musica antica?

Sì, vi sono molti bravi musicisti ed alcune orchestre barocche; è una musica che viene ben recepita dal pubblico.

Quali sono i suoi prossimi programmi?

L’8 luglio, nell’ambito di “Trieste Estate”, un concerto per fortepiano al Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl” di palazzo Gopcevich che “anticipa” un po’ quella che sarà la stagione di “Wunderkammer” da cui è stato organizzato. Dei concerti, sempre per fortepiano, a Lignano eppoi, come pianista, delle esecuzioni musicali con cantanti lirici, in giro per il Friuli. La lirica, pur risentendo moltissimo della crisi ha comunque più mercato, sia come concerti, appunto, che in forma semiscenica poichè vi è il risparmio delle forze orchestrali. L’estate sarà dedicata all’opera.

Suo marito è baritono. Come riuscite a coniugare le diverse esigenze di lavoro?

Molto bene! La combinazione cantante-solista è un connubio felice! Riusciamo a fare dei concerti insieme, ci sosteniamo a vicenda, siamo molto partecipi l’uno al mondo dell’altro.

Abbiamo parlato di lei soprattutto come solista. Se si dovesse trovare a suonare con un altro fortepianista, in duo, come sarebbero le reazioni emotive, riescono a convivere due personalità forti?
Ci può essere da subito sinergia sia tecnica che emotiva oppure potrebbero esserci delle difficoltà durante il “cammino” delle prove?

Dipende molto dal partner con cui si suona, bisogna stimarlo ed avere delle affinità. Dal mio punto di vista la soddisfazione che si prova in questi casi raddoppia, non c’è competizione ma soltanto la meravigliosa esperienza di suonare assieme, di condividere. Quando si ama profondamente la musica il proprio appagamento personale passa in secondo piano, esiste il lavoro di squadra. La musica antica insegna un po’ anche l’antidivismo, rispetto al pianoforte moderno dove può esserci un po’ il culto del divo, del grande solista.

Questi magnifici pensieri spiegano dunque il suo innamoramento per la musica antica e per il fortepiano piuttosto che per il pianoforte moderno. Che cosa le piacerebbe suonare in duo?

Il concerto per fortepiano e clavicembalo di Carl Philipp Emanuel Bach, un connubio inusuale, diverso, una forte emozione.

Le parole di Alessandra mi fanno ricordare un pensiero di Martin Lutero: “Non può esserci animo cattivo là, dove cantano degli amici”.

MARIA LUISA RUNTI
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