Exif JPEG PICTURE Nell’universo musicale triestino Paola Erdas rappresenta un fiore all’occhiello. Artista vivace e passionale, unisce la ratio alla concentrazione dell’interprete d’eccezione che domina lo strumento e da esso ne trae colori, musicalità ed accenti melodici che la sola tecnica non riuscirebbe a comunicare ed a far percepire al pubblico. Un’artista che, suonando, vive in simbiosi con il suo strumento trasformandosi, magicamente, Ella stessa in “musica”.
L’Arte, la musica, la cultura in sè hanno necessità esistenziale di persone come Lei che con dedizione, impegno e serietà assoluta, con passione profonda si battano per far vivere ancora ideali e valori troppo spesso sopiti, quasi dimenticati. Donne come Lei, attraverso l’Arte, riescono un po’ a lenire le sofferenze dei nostri tempi.

Parliamo dei tuoi progetti recenti ma soprattutto innovativi e di forte impatto emotivo sul pubblico che non sempre è “educato” a queste raffinatezze musicali…

Fra quelli più recenti, cui tengo maggiormente, vi è l’evoluzione del Duo (formato da Shyamal Maitra e me) che si è presentato per la prima volta a Trieste, qualche anno fa, nell’ambito del Festival Wunderkammer, con il concerto di musica antica: “Una notte a Goa” dove cembalo e tabla hanno spaziato in un’unione di repertorio occidentale-iberico con quello indiano.

Possiamo definirlo un po’ provocatorio ed inusuale, perlomeno per la nostra Regione?

Completamente Inusuale in generale, non è mai stata fatta un’operazione del genere, nata sia dalla passione per il mio strumento che da quella per la cultura indiana

Come è stata possibile questa sinergia?

Non è molto strano poiché quando ho pensato a come sarebbe stato possibile unire questi due mondi, in apparenza così lontani, sono venuta a conoscenza che nella prima fase della dominazione portoghese, diciamo iberica, nella regione di Goa, non si trattò di una dominazione vera e propria in cui venivano imposti usi e costumi ma, quasi paradossalmente, l’inverso. Furono i Portoghesi giunti a Goa che si adeguarono ed assunsero le usanze del luogo. Tale spontaneo e naturale adattamento destò preoccupazione in Portogallo tant’è che venne inviata in loco una sezione della Grande Inquisizione per verificare il reale modus vivendi delle popolazioni iberiche ivi integrate. La convivenza era serena e libera e le due culture si compenetravano pur non essendoci, all’epoca, fonti musicali scritte. Da ciò il pensiero di riproporre oggi l’accostamento di queste due diverse culture: il mondo iberico del XVI secolo ed il mondo indiano. Non ho mirato ad una ricostruzione storica fine a se stessa ma ad una di bellezza di suono. Unire il cembalo o l’exaquier e i tabla per vedere come, timbricamente, possono convivere questi due suoni. L’ exaquier, il piccolissimo cembalo medievale che si suona sulla gamba, ha un suono molto simile al santur, strumento della tradizione indiana, ed è stato scelto proprio sia per suonare i pezzi medievali antichi che quelli della tradizione indiana, composti da Maitra, che sono dei raga tradizionali. L’unione timbrica degli strumenti si è rivelata un esperimento di grande successo.

Dall’ estate scorsa, come accennavi in apertura, il progetto iniziale si evoluto …

Sì, ha trovato la sua finale completezza con l’aggiunta di un liuto, strumento di transizione tra quello a corda amplificata manualmente, comune al repertorio arabo, occidentale ed anche indiano, suonato da Fabio Accurso. Questa nuova formazione in Trio ha preso il nome proprio dal suo primo concerto: “Musa Indiana”.
Ha debuttato al Teatrino Basaglia di Trieste nel settembre scorso e si è riproposto quest’anno alla “Prima Giornata Europea della Musica Antica” che si è tenuta il 21 marzo, data d’inizio primavera e compleanno di Johann Sebastian Bach. Scelta parimenti importante augurandoci che sia l’avvio di una nuova stagione, di una stagione che porti cose belle…

Da chi è partita l’idea di questa “Prima Giornata Europea della Musica Antica”?

Dal festival Wunderkammer, per quanto attiene a Trieste! Concerti, conferenze ed eventi collaterali, in contemporanea in oltre 20 Paesi del continente, per celebrare e far conoscere la musica antica ad un pubblico più vasto .
Wunderkammer è membro del “R.E.M.A” una rete di Festival europei di musica antica che si sono uniti per avere forze ed idee comuni e per scambiarsi progetti. Dopo lungo “iter” il “R.E.M.A” ha avuto dalla Comunità Europea il benestare per creare questo evento, ora ufficialmente riconosciuto. Tutti i Festival membri vi hanno aderito con entusiasmo per poter portare alla ribalta la musica antica.

In teatri, sale da concerto ed anche in rete ed in streaming?

Certo, il “R.E.M.A” si è associato al portale di video dal vivo “Sofia” e tutti i concerti che avevano la possibilità di essere collegati via rete sono stati ripresi e trasmessi da “Sofia”. Possiamo considerala perciò quasi una giornata mondiale…

Quali i prossimi impegni per il Trio?

Il 9 giugno concerto a Treviso, il 18 luglio a Malborghetto più alcune date all’estero. Il progetto in realtà ha sempre avuto risonanza europea, sin dal Duo iniziale con Shyamal Maitra con cui abbiamo debuttato in Francia per poi portarlo in Italia, in Croazia ed in Polonia.

Avete più soddisfazioni all’estero o in Italia a livello di apprezzamento e di comprensione del messaggio musicale? Quanto influisce l’ attuale situazione della cultura nel nostro Paese?

Il messaggio musicale viene meravigliosamente recepito ovunque. La recezione del pubblico è fantastica, il problema sono le disastrose condizioni economiche e culturali dell’Italia. Il pubblico italiano è stupendo, E’ il lavorare in Italia che presenta dei pesanti problemi per i continui tagli e le altrettanto continue difficoltà. Cerchiamo di non “mollare”, di sopravvivere… noi, che a Trieste abbiamo il festival “Wunderkammer”, assieme ad altre persone coraggiose che come noi si battono.
La cultura può pagare, paga e produce, purtroppo chi governa non se ne rende conto. La cultura dovrebbe essere uno dei maggiori investimenti dell’Italia essendo esso proprio il Paese della cultura.

E’ triste constatare che molte delle nostre “Voci” artistiche più talentuose ed importanti se ne vadano all’estero sia per lavorarvi che per viverci poiché in Patria non trovano terreno fertile. Sono fra le poche a rappresentarci degnamente, oltre agli scienziati. Che soluzione proporresti per arginare la fuga degli intelletti dal Paese?

In Italia si considera ancora il mestiere di musicista un non mestiere. Non abbiamo tutela nè diritti, non siamo ritenuti una categoria. Giuridicamente, in un elenco di professioni, noi siamo “altro”… In Germania ed in Francia la legislazione salvaguarda l’artista come se appartenesse ad una qualsiasi altra tipologia lavorativa, in Italia no. Il nostro non viene veramente considerato un mestiere e non abbiamo nessun tipo di sostegno. Finchè la cultura non verrà riconosciuta non potrà mai esserci crescita. Le uniche categorie che, musicalmente parlando, godono di una minima “copertura” sono gli orchestrali ed i coristi poichè hanno un lavoro dipendente.

Voi come Gruppo o come Festival su quali contributi potete contare?

In Italia i Gruppi non ricevono contributi a differenza, per esempio, di quanto avviene in Francia. Come Festival Wunderkammer invece possiamo contare su di un contributo regionale più qualche piccolo sponsor ed un qualcosa dal Comune. Vedo l’Italia in una fase di tale precarietà che ipotizzare programmazioni di contributi pluriennali è del tutto impensabile.

Cambiamo del tutto argomento! Mi affascina la tua ricerca sulla musica barocca napoletana rapportata a quella spagnola…

Nasce un po’ dalle mie origini, io sono sarda; la Sardegna è stata per 400 anni soggetta alla dominazione spagnola e la nostra cultura è stata molto influenzata da quella spagnola del passato. Perciò ho cominciato ad interessarmi alla musica del 500-600’ il famoso “Siglo de Oro”. Tale musica si è completamente fusa con il repertorio italiano e quindi ne ho approfondito quello napoletano in quanto connesso al suddetto spagnolo.

Ciò che mi piace in te è che non ti fermi al singolo periodo ed al singolo autore ma cerchi sempre di spaziare ed avvicinarti ad altri mondi, paesi e culture in modo da trovarne un filone comune ed un nesso logico…

Uno dei motivi per cui ho iniziato a studiare clavicembalo, a parte l’amore per lo strumento in sè, il suo suono e la sua fisicità, è stato proprio quello della ricerca, studiare le connessioni storiche, approfondire le culture, non fermarmi ad un qualcosa di pronto. E’ gioco forza, quando si parla di ricerche, andare in grandi centri e biblioteche che hanno delle fonti di importanza mondiale (ad es. Parigi, Madrid, Bruxelles)

Ed in Italia?

Modena ha delle fonti straordinarie, Napoli, anche Parma, seppure un pò meno. Per fortuna lo stato delle biblioteche non è tanto grave come affermano. Molte sono state anche le informazioni e le notizie messe e recepite in rete. La rete non sostituisce il piacere di avere fisicamente in mano il libro ma come primo approccio è un mezzo straordinario.

C’è un altro progetto “prezioso” che ti sta a cuore: il Gruppo “Deep Indigo”. Ha una peculiarità di grande fascino…

“Deep Indigo”, a cui tengo moltissimo, ha avuto il suo primo concerto in Romania ed è stato presentato quest’anno al Festival Wunderkammer, dove ha trovato la sua consacrazione. E’ un gruppo di soli bassi. Di strumenti dal registro basso, dal suono scuro, che solitamente accompagnano (violoncello, violone, clavicembalo, tiorba) ma che, riuniti, hanno un repertorio il cui fascino è estremo. E’ da considerarsi a livello mondiale, visti i suoi componenti che cito con gioia: Ciprian Campean (Romania): violoncello; James Munro (Australia): violone; Thomas Boysen (Norvegia): tiorba; Paola Erdas (Italia): clavicembalo. Assieme stiamo elaborando diversi progetti e vi sono anche molti concerti in vista.

Un’ultima domanda! Che cosa ti affascina maggiormente: suonare da solista o poter condividere il momento musicale con il tuo Gruppo?

Sono due emozioni completamente diverse. Mi piace suonare da solista e sono richiesta come tale. La gioia di poter condividere la musica è enorme, sublime. Per il mio bisogno di socialità però amo suonare in un piccolo gruppo dove c’è spazio sia per il solismo che per la condivisione.

Affermava Nietzsche: “Senza musica la vita sarebbe un errore”

MARIA LUISA RUNTI
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Paola Erdas, Maria Luisa Runti, intervista