spazzatura plastica Tares, nuova stangata in arrivo. Il 2013 non porta buone notizie per i contribuenti triestini, che dal primo gennaio devono avere a che fare, così come in tutta Italia, con il nuovo tributo che sostituisce la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani).
In poche parole, un nuovo tributo che si pagherà solo a partire dal 30 aprile e che, a differenza della Tarsu, non servirà solo per coprire il costo del servizio di raccolta di rifiuti, ma anche quello per l’illuminazione pubblica e la manutenzione stradale. Pensata dal governo Berlusconi, è stata resa esecutiva da quello Monti e verrà calcolata sulle dimensioni dell’immobile, ma a pagarla, e qui sta la novità più grossa, non sarà il proprietario bensì il residente.
Una nuova stangata che colpirà case, uffici, negozi o capannoni e qualunque immobile possa produrre rifiuti. Il gettito resterà invariato, quindi non ci saranno entrate in più o in meno, ma a cambiare sarà il carico che peserà sulle singole categorie.

Ai singoli comuni, toccherà approvare dei regolamenti ad hoc per stabilire detrazioni e agevolazioni, sulla falsa riga di quanto già oggi avviene per la Tarsu. A Trieste gli uffici hanno già elaborato una bozza ma le prime simulazioni non fanno certo dormire sonni tranquilli.

La Tares, infatti, porta con sé due importanti novità: la pagheranno i residenti e non i proprietari e soprattutto cambiano i coefficienti sui quali viene calcolata. In poche parole, non conteranno solo metri quadrati e destinazione d’uso, ma anche il numero dei componenti del nucleo familiare. A risparmiare saranno così i single, per le coppie non dovrebbe cambiare granché mentre a subire la stangata saranno le famiglie più numerose, oltre alle attività commerciali, artigianali e alla grande distribuzione. Fino al 30 aprile si pagherà la Tarsu, poi con l’avvento della Tares il Comune procederà con i conguagli per rimborsare chi con la Tarsu pagava di più e stangare chi pagava meno chiedendogli il resto.

Il tributo, nelle intenzioni del legislatore, servirà a coprire i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti avviati allo smaltimento (e per questo è una tassa) e i costi relativi ai servizi indivisibili dei Comuni (e per questo può essere considerata anche un’imposta) come l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade, la polizia locale, l’anagrafe e in generale quelle attività comunali che non sono erogate “a domanda individuale”. Formalmente toccherà ai consigli comunali emanare un apposito regolamento per la sua applicazione, ma il decreto governativo contiene già numerose indicazioni.

La Tares sarà commisurata all’anno solare e alla quantità media di rifiuti, a cui andranno aggiunti trenta centesimi a metro quadrato per i servizi indivisibili che potranno arrivare anche a quaranta, a discrezione del Comune, magari per le abitazioni di lusso, proprio per compensare i tagli dei trasferimenti nazionali. Sempre agli enti locali toccherà decidere eventuali riduzioni, per un massimo del 30 per cento, su case con unico occupante o stagionali.

Inoltre, Trieste è una di quelle città in cui la raccolta differenziata non ha ancora raggiunto il 65 per cento, quota individuata dal decreto Ronchi, e che per questo paga una penalità quando porta i rifiuti in discarica. Un aumento della differenziata, negli anni, potrebbe alleviare così il peso sulle spalle dei contribuenti. In quei comuni dove, invece, si è passati alla Tia e al porta a porta, la Tares verrà corrisposta in base al numero effettivo dei sacchetti di immondizia prodotti. Secondo le stime della Uil, si tratterà di una stangata da 80 euro in più (rispetto ai 225 del 2012) a famiglia per un totale di 1,9 miliardi.

La legge da ora in poi vincolerà parte dei proventi della Tares, legando così le mani a quei comuni che fino ad ora utilizzavano il gettito per finanziare altre voci di spesa, una catastrofe per il Comune di Trieste che si vedrà decurtata parte dei proventi.

Dalle elaborazioni Confcommercio emerge un incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti del 290% a livello nazionale e per alcune tipologie di attività incrementi medi superiori al 400%, come per la ristorazione, o addirittura al 600%, come per l’ortofrutta e le discoteche. Secondo queste elaborazioni, ristoranti e pizzerie avranno una maggiorazione del 550 per cento, pescherie e ortofrutta del 620 per cento, discoteche e pub del 650 per cento, alberghi con ristorante del 250 per cento.
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