gente anziana che balla Presentato lo studio sull’andamento demografico della popolazione cittadina negli ultimi 15 anni per sviluppare delle ipotesi di evoluzione futura della popolazione residente.

1. Le tendenze demografiche
I dati più recenti, evidenziano l’affermarsi di un nuovo ciclo demografico, la cui variabile chiave è data dai flussi migratori. La straordinaria crescita di questi ultimi, in particolare quelli provenienti dall’estero, ha mutato la foto che rappresentava da più di venticinque anni Trieste, ma è alquanto scontato che questo possa cambiare in periodi di crisi economica, quale quello attuale. Dal 1978 al 2005 la collettività triestina era infatti in netto declino demografico (una perdita in poco meno di trent’anni di quasi 56.000 persone), con una popolazione complessiva stagnante ed in progressivo invecchiamento. Ma tra il 2005 ed il 2008 la popolazione residente si è stabilizzata, registrando nel 2009 e 2010 persino un leggero incremento. Purtroppo già nel 2011 si è assistito ad una inversione di tendenza.

Gli anziani continuano a crescere (in particolare quelli di età superiore ai 79 anni), grazie anche ad un ulteriore allungamento della durata media della vita. Le nascite invece non sono caratterizzate da un trend preciso. Si è registrato un picco di crescita tra il 2002 ed il 2004, che si è più o meno stabilizzato attorno alle 1.570 unità all’anno dopo il 2006 (lo si può notare dal quoziente generico di natalità che dal 2006 ha un valore attorno al 7,5 per mille). Anche per i nati il dato è in calo dal 2011. I saldi migratori presentano valori positivi in grado di compensare il deficit del saldo naturale, che ha ormai carattere strutturale, sino al 2010. I decessi sono infatti ancora più numerosi delle nascite, ma negli ultimi anni la distanza si è ridotta per effetto della crescita della natalità. Il trend demografico sopra analizzato riceve un evidente contributo dall’immigrazione straniera, ma anche dal nuovo atteggiamento delle coppie formate da cittadini triestini di nazionalità italiana che, rispetto al passato, propendono a fare figli anche ad età più avanzate.

Vediamo solo in sintesi alcuni dati che permettono di comprendere gli aspetti demografici osservati negli ultimi anni. Prendendo in considerazione l’ultimo triennio, nel 2009 si sono registrati 1.557 nati e 3.043 decessi, con un saldo naturale negativo di –1.486 unità, compensato da un saldo migratorio eccezionalmente positivo pari a +1.668 ( risultato dalla differenza tra le 4.332 iscrizioni e le 2.664 cancellazioni anagrafiche). Nel 2010 si sono registrati 1.586 nati e 3.004 decessi, con un saldo naturale negativo di –1.418 unità, compensato da un saldo migratorio positivo pari a +1.430 ( risultato dalla differenza tra le 4.182 iscrizioni e le 2.752 cancellazioni anagrafiche). Nel 2011 si sono registrati 1.513 nati e 2.994 decessi, con un saldo naturale negativo di –1.481 unità, non più compensato da un saldo migratorio, comunque positivo, pari a +1.140 ( risultato dalla differenza tra le 3.823 iscrizioni e le 2.683 cancellazioni anagrafiche).

Per quanto concerne la popolazione residente di cittadinanza straniera, questa passa dal rappresentare il 3,81% della popolazione totale nel 2000, ad essere il 9,21% della popolazione residente complessiva alla fine del 2011. Rispetto alla popolazione italiana è più giovane e caratterizzata da diverse nazionalità dell’europa dell’est e da quella cinese.

2. Gli scenari demografici
L’analisi delle principali tendenze demografiche che hanno recentemente caratterizzato la realtà cittadina sono la base fondamentale per poter sviluppare le ipotesi di evoluzione futura della popolazione residente. Quando si parla di popolazione futura si possono fare delle previsioni o delle proiezioni. In entrambe i casi si tratta del risultato di calcoli formali che forniscono la rappresentazione di un assetto futuro di popolazione, ma mentre nel primo caso si parla di ipotesi e di scenari, nel secondo caso i calcoli sono indipendenti dalla verosimiglianza dei presupposti iniziali, ovvero gli operatori sono interessati a valutare l’impatto di una specifica ipotesi, che può essere formulata anche senza aver analizzato i trend passati di mortalità, fecondità e migratorietà. Costruire scenari demografici simulando ipotesi alternative (bassa, intermedia, alta) di evoluzione della fecondità, della mortalità e della dinamica migratoria consente di analizzare quanto cambierebbe il quadro futuro se si modificassero le ipotesi iniziali. Il crescente interesse verso le previsioni segna il passaggio da un uso strumentale ad un utilizzo di tipo strategico delle conoscenze demografiche. Vanno fatte però delle considerazioni particolari quando le previsioni vengono fatte su scala locale:

- Minore è il dettaglio territoriale, maggiormente i dati risultano sensibili e volatili, i risultati conseguentemente perdono di significatività;
- E’ fondamentale disporre di una base informativa di buona qualità;
- La scelta di un orizzonte temporale di breve o medio periodo aumenta la probabilità di previsioni di qualità;
- Ricordare che la componente più difficile da prevedere è la migratorietà, che è anche quella che più influisce sulle previsioni;
- I maggiori esperti di previsioni demografiche le rivedono circa ogni tre anni, alla luce del dato reale aggiornato (è importante capire che il previsore fornisce solo degli scenari entro i quali è probabile che ci si avvicini alla realtà, per cui il dato non va interpretato puntualmente, in particolare dopo il primo quinquennio di previsione, ma all’interno della forbice data dagli scenari).

Attraverso diversi procedimenti metodologici si perviene alla formulazione di ipotesi denominate bassa, intermedia, alta, ma per fare ciò bisogna disporre di alcuni dati di base quali una popolazione iniziale (nel nostro caso quella al 1° gennaio 2012), classificata per sesso ed età, una tavola di mortalità relativa alla popolazione in oggetto (si è partiti dalla tavola di mortalità provinciale Istat 2009 e si è riadattata per ricavare la mortalità registrata nel corso del 2011), una struttura di fecondità per età della madre (in realtà si è partiti dalla media dei tassi specifici di fecondità degli ultimi tre anni, al fine di eliminare gli effetti di volatilità del dato) ed una struttura di migratorietà per sesso ed età. Inoltre, per rispettare quanto sopra evidenziato, si è scelto un orizzonte temporale di quindici anni e come dettaglio territoriale l’intero comune.

Vediamo ora nello specifico le tre ipotesi alla base degli scenari di questa pubblicazione:

ipotesi intermedia o “centrale”
è quella che il previsore ritiene la più probabile. Si è ragionato in termini di continui e graduali miglioramenti della fecondità, ipotizzando una crescita alla fine dei quindici anni pari al 7,5% in più rispetto ai valori raggiunti negli ultimi anni dei singoli tassi specifici di fecondità. Per quanto riguarda la mortalità si è ragionato in termini di speranza di vita alla nascita: considerato che nell’ultimo decennio questa è stata in crescita, con un incremento medio annuo pari a +0,31 anni per i maschi e +0,27 anni per le femmine, si è ipotizzato un incremento nella speranza di vita alla nascita a fine periodo di +4,65 anni per i maschi e di +4,05 anni per le femmine, ricavandone così per ogni anno la struttura per sesso ed età dei tassi di mortalità. Inoltre, avendo a disposizione già i dati dei primi nove mesi del 2012, i tassi di mortalità relativi a quest’anno sono stati rivisti in modo da tener conto dell’eccezionale mortalità (infatti si è assistito ad un inverno particolarmente freddo ed un estate particolarmente calda). Infine si è applicato un lieve e graduale calo dei saldi migratori positivi, ipotizzando che questo trend iniziato già nel 2011 continui per tutto il periodo della previsione (scelta operata in base ai dati analizzati ma anche supportata dalla nota informativa Istat del 19 giugno 2008 che accompagnava la diffusione delle previsioni sulla popolazione italiana fino al 2051 e che ipotizzava dopo il 2007, anno caratterizzato da uno shock migratorio importante, un rallentamento del fenomeno; tendenza comunque prevista anche da altre ricerche e numerosi articoli tecnici).

ipotesi bassa o “pessimistica”
è quella che ci fornisce lo scenario più negativo, ovvero con un maggior calo futuro della popolazione. Si è ipotizzato una stazionarietà nei valori specifici di fecondità per tutti gli anni della previsione. Si è leggermente calata la speranza di vita alla nascita alla fine dei quindici anni (0,5 anni in meno rispetto all’ipotesi centrale sia per i maschi che per le femmine), ipotizzando comunque dei continui miglioramenti dei valori relativi per singolo anno, sempre ad eccezione del 2012 per cui vale il discorso dell’ipotesi centrale. La negatività dell’ipotesi pesa maggiormente sulla progressiva e marcata riduzione dei saldi attivi dei bilanci migratori, che raggiungono le 500 unità circa a fine periodo.

ipotesi alta o “ottimistica”
è quella che ci fornisce lo scenario più positivo, ovvero quello con un maggior incremento futuro della popolazione. Si è ipotizzato un miglioramento della fecondità rispetto all’ipotesi intermedia (incremento progressivo dei quozienti specifici di fecondità sino a raggiungere a fine periodo il 15% in più rispetto al valore raggiunto negli ultimi anni). Si è leggermente aumentata la speranza di vita alla nascita alla fine dei quindici anni (0,5 anni in più rispetto all’ipotesi centrale sia per i maschi che per le femmine), ipotizzando dei continui miglioramenti dei valori relativi per singolo anno, sempre ad eccezione del 2012 per cui vale il discorso dell’ipotesi centrale.

La tendenza evolutiva dei saldi migratori positivi in questa ipotesi è più marcata rispetto a quella intermedia, giungendo ad un saldo dopo quindici anni pari alle mille e cinquecento unità. Per quanto riguarda il movimento naturale, in tutte e tre le ipotesi si prevedono dei valori dei saldi deficitari, con un miglioramento più o meno marcato rispetto alla situazione attuale (la forbice va da –1.166 unità di saldo naturale nell’ipotesi bassa alle –690 unità di quella alta). I miglioramenti dei valori relativi di fecondità e mortalità (diversamente accentuati nelle tre ipotesi) non compensano infatti pienamente nel medio periodo gli effetti negativi sull’evoluzione delle nascite e dei decessi connessi alle dinamiche previste per le donne in età feconda e per la popolazione anziana. Relativamente al bilancio migratorio appare evidente come le tre ipotesi richiamino scenari differenziati di evoluzione della situazione economica e di qualità di vita cittadina: solo in quella alta si prevede che il sistema delle attività economiche esprima una domanda di lavoro che trova in sede locale risposte qualitativamente e quantitativamente adeguate ed una buona qualità di vita nel territorio oggetto di studio. Nell’ipotesi bassa in modo più marcato, ma anche in quella intermedia che, ricordiamolo ancora una volta, è quella che il previsore suppone si avvicini maggiormente alla realtà futura, si ipotizza che l’intensità assoluta dei flussi migratori risulti in calo, ma permanga positiva. Ragionare di popolazione significa quindi interrogarsi sulla futura evoluzione economica e sociale del nostro territorio: questa consapevolezza aiuterà a valutare correttamente alcune tendenze evidenziate dalle simulazioni ed ad inserirle proficuamente nel processo di definizione delle politiche pubbliche locali. Gli scenari demografici che sono stati elaborati prospettano variazioni della popolazione di diversa intensità assoluta e diverso segno: al 1° gennaio 2027 si ipotizza un numero di abitanti compreso tra 198.563 (ipotesi bassa) e 210.084 (ipotesi alta), con un ipotesi intermedia di 202.573 abitanti.

Va però ben evidenziato che tutto lo studio si basa sul dato anagrafico non ancora rivisto alla luce di quello definitivo del 15° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni. Quindi, se da un lato l’analisi delle tendenze demografiche recenti ha prodotto la scelta di alcune ipotesi sui trend futuri in maniera scientifica, dall’altro si deve tener conto del fatto che il dato iniziale riporta all’incirca 6.000 unità in più rispetto al dato censuario. Per questa ragione le previsioni formulate nel presente studio andranno riviste, adattandole al dato anagrafico pulito e allineato con quello dell’ultimo censimento effettuato. Passando ora ad esaminare l’articolazione per età della popolazione, appare evidente che alcuni sviluppi delineano scenari evolutivi delle utenze potenziali di rilevanti servizi alla persona che è opportuno valutare con attenzione. Per effetto delle tendenze della natalità (in calo nel primo quinquennio di previsione e poi in ripresa) si dovrebbe rilevare un calo nelle potenziali utenze dei servizi destinati alla primissima infanzia (asili nido età 0-2 anni) mediamente per sei o sette anni e poi una graduale ricrescita, al contrario una crescita in tutte e tre gli scenari per i primi due anni (grazie alle nascite dell’ultimo triennio) e poi un costante calo è la tendenza che probabilmente si registrerà per l’utenza delle scuole d’infanzia (età 3-5 anni). Analizzando la fascia d’età dei servizi scolastici dell’obbligo (scuole primarie e secondarie inferiori), appare molto probabile in tutte le ipotesi una crescita nel primo quinquennio per la fascia d’età 6-10 anni e di 10 anni in quella 11-13 anni, che però sarà più spinta dopo i primi tre anni. Si nota un incremento anche nell’utenza potenziale delle scuole secondarie superiori (14-18 anni) però molto più graduale rispetto alle altre fasce d’età scolastiche. Gli effetti compensativi di tutte queste fasce d’età, cui si aggiunge la classe 19-24 anni, dovrebbero far risultare i giovani residenti da 0 a 24 anni in crescita nel primo triennio in ciascun scenario, ma poi in calo nell’ipotesi intermedia ed in quella bassa, raggiungendo il 1° gennaio 2027 una consistenza assoluta compresa tra 37.500 unità circa (ipotesi bassa) e 41.500 (ipotesi alta), con variazioni assolute diversificate in segno ed entità nelle tre ipotesi (quasi 1.900 in più rispetto al 1° gennaio 2012 in quella alta e più di 2.000 in meno in quella bassa).

Diversa risulterebbe essere la tendenza della popolazione in età superiore ai 64 anni (ed in particolare nella fascia più anziana, con una età di 80 anni e oltre). Al 1° gennaio 2027 il numero degli anziani residenti nel comune di Trieste dovrebbe infatti essere compreso fra un minimo di circa 60.600 ed un massimo di circa 62.600 unità, con un incremento assoluto rispetto al 1° gennaio 2012 compreso tra le quasi 3.200 e le 5.200 persone.

Il processo di crescita della fascia di età più avanzata (80 anni e oltre), che dovrebbe raggiungere al 1° gennaio 2027 una consistenza compresa fra poco più di 23.000 e 24.500 unità circa (rispetto alle 18.447 del 1° gennaio 2012), risulterebbe quindi più accentuato, con variazioni assolute e relative di impatto sulla rete dei servizi sociali, assistenziali (residenziali e non) e sanitari.

Intuibili gli effetti di questa evoluzione (riduzione dei giovani e incremento degli anziani) sui più significativi indicatori di struttura della popolazione. Si dovrebbero registrare variazioni in sensibile aumento dell’indice di vecchiaia (numero di anziani oltre i 64 anni per ogni 100 bambini fino ai 14 anni), che passerebbero dal valore attuale di 246 ad averne uno compreso tra 268 e 297 a fine periodo. Contemporaneamente l’indice di dipendenza (che esprime sostanzialmente il rapporto fra popolazione giovane ed anziana, ossia inattiva, e le persone potenzialmente attive) registrerebbe un incremento e salirebbe dall’attuale valore pari a 63,20 ad un valore attorno alle 69 unità. Anche l’età media si innalzerebbe, passando da quella attuale pari a 47,64 anni ad un valore attorno ai 49 anni.

Gli scenari delineati permettono anche di ragionare sulla futura evoluzione di altri importanti segmenti demografici (in primo luogo la popolazione in età lavorativa e quella femminile in età feconda).

Le persone attive (15-64 anni) al 1° gennaio 2012 erano oltre 127.700; gli scenari demografici al 1° gennaio 2027 ipotizzano per questo aggregato una consistenza compresa fra le circa 117.600 (ipotesi bassa) e le 124.100 unità circa (ipotesi alta). Il contributo dei movimenti migratori in fascia attiva non riesce a rallentare il peggioramento dell’indice di dipendenza esaminato in precedenza. Per quanto riguarda la popolazione femminile in età feconda nel comune di Trieste, al 1° gennaio 2012 risultavano residenti 42.134 donne di età compresa tra i 15 ed i 49 anni; le previsioni al 1° gennaio 2027 ipotizzano per tale aggregato un calo (da oltre 35.000 donne nell’ipotesi bassa a quasi 38.000 nell’ipotesi alta).

Questo calo, nonostante la fecondità sia stata ipotizzata stazionaria(ipotesi bassa) o crescente (ipotesi alta e centrale), inciderebbe però sul numero assoluto dei nati rispetto ai valori attuali che solo nell’ipotesi alta salirebbe (1.694 nati nel corso del 2026 rispetto agli attuali 1.513).

3. Conclusioni
Costruire scenari demografici permette di ipotizzare nell’ambito di un modello formalizzato ed empirico alcune trasformazioni della popolazione, alle quali si assegna un determinato grado di probabilità: il confronto sistematico fra le previsioni formulate e la reale evoluzione delle principali variabili (fecondità, mortalità, movimenti migratori) consente di rivedere criticamente il modello, adattandolo alle nuove tendenze in atto. Si è quindi in presenza di uno strumento di lavoro flessibile, che verrà aggiornato dal Servizio Statistica del Comune con cadenza triennale, per rivedere tempestivamente le ipotesi formulate ed eventualmente adeguarle alle tendenze che si manifesteranno nei prossimi anni. In particolare il prossimo aggiornamento del modello verrà effettuato dopo la revisione dell’anagrafe comunale, alla luce della pubblicazione da parte dell’Istat dei dati definitivi del 15° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni. Si ribadisce che l’ipotesi dello studio che va considerata come la più probabile è quella centrale e che il grado di attendibilità delle previsioni è più elevato per il breve periodo (approssimativamente sino al 2018) e tende ad attenuarsi negli anni successivi, qualora le variabili chiave (in particolare le migrazioni) dovessero seguire comportamenti sostanzialmente divergenti da quelli ipotizzati. Altrettanto intuitivo è che il grado di incertezza delle previsioni è più alto per i contingenti di popolazione che risentono maggiormente nel breve e medio periodo di variazioni significative nei livelli di fecondità e nei flussi migratori (i bambini sino ai 14 anni ed i giovani in età compresa fra i 15 ed i 34 anni); per altri segmenti (in particolare le classi più avanzate della popolazione in età lavorativa e gli anziani) la futura evoluzione è già in gran parte determinata dalle vicende demografiche registrate in un passato recente. L’obiettivo principe di questa pubblicazione è quello di sollecitare l’attenzione della collettività locale sulla futura evoluzione demografica e sulle possibili conseguenze economiche e sociali. Naturalmente i soggetti interessati a confrontarsi con queste tendenze sono molteplici ed operano sia nel settore pubblico che in quello privato. Le principali istituzioni pubbliche hanno infatti come “mission” principale quella di fornire servizi di diversa natura alle popolazioni residenti nell’ambito territoriale di loro competenza; anche molte organizzazioni no-profit private identificano il loro mercato potenziale con gruppi di popolazione in funzione di alcune caratteristiche (es.:età, sesso, condizione socio-economica, ecc.). Le politiche pubbliche locali di erogazione dei servizi rivolti alla persona sono quindi estremamente sensibili alle variazioni attese di alcune fasce di cittadini (in primo luogo giovani ed anziani). Evidenti sono anche le relazioni fra le tendenze demografiche e le decisioni che i poteri pubblici debbono assumere in campo urbanistico o nelle pianificazioni delle reti di trasporto. Molte decisioni di carattere imprenditoriale (relative ad esempio alla consistenza delle reti dei servizi commerciali, bancari, assicurativi e finanziari) debbono infine confrontarsi con le tendenze evolutive della popolazione.

Autori
Questo studio è stato realizzato da un funzionario del Servizio Statistica del Comune di Trieste, dott.ssa Antonella Primi, nell’ambito delle attività di studio dell’ufficio. In qualità di statistico ne ha curato l’acquisizione, l’elaborazione e la successiva verifica delle informazioni statistiche e lo sviluppo del modello di previsione demografico.

(COM TS)