Dalla Preistoria ai giorni nostri
STADIO GREZAR nel 1979 E IN PRIMO PIANO IL CAMPO DI VIA FLAVIA
( oggi al suo posto e’ stato edificato il nuovo PALATRIESTE )
Stadio “Giuseppe Grezar” - così chiamato per onorare il giocatore del “grande Torino”, nato a Trieste e perito nella Sciagura di Superga - è il secondo campo sportivo più importante della città di Trieste, dopo lo Stadio “Nereo Rocco”. Per molte stagioni ha ospitato gli incontri della Triestina. Oggi è sottoposto a una ristrutturazione che lo farà diventare un impianto polifunzionale, con una pista di 8 corsie dedicata all’atletica leggera.
Venne inaugurato il 29 settembre 1932 col nome di Stadio Littorio, con l’incontro Triestina-Napoli (terminato 2-2) valido per il campionato di calcio di Serie A. Venne costruito per ospitare i mondiali di calcio del 1934 e vi fu disputata la gara valida per gli ottavi di finale tra Cecoslovacchia e Romania.
Il nome Littorio sparirà nel 1943, mentre l’intitolazione a Giuseppe Grezar gli sarà data nel 1967, nel intermezzo il suo nome ufficiale fu semplicemente Stadio Comunale. Popolarmente viene chiamato Stadio di Valmaura, dal rione di Trieste ove ha sede.
Con la costruzione dello Stadio “Nereo Rocco” ha perduto la sua funzione di principale stadio cittadino, venendo utilizzato solo per match di squadre impegnate in campionati dilettantistici regionali. Dall’epoca, (1992), ha ospitato una sola gara ufficiale della Triestina: il 1 novembre 1994, Triestina-Sevegliano (1-0), gara valevole per il campionato nazionale dilettanti.
L’Ospedale Maggiore di Trieste è un imponente complesso edilizio, ubicato in una posizione che da periferica quale era originariamente nel XIX secolo, viene oggi a trovarsi al centro della città di Trieste. Il corpo principale, costruito dal 1833 al 1841, è costituito da un quadrilatero di circa 190 x 138 metri che si sviluppa attorno ad una corte alberata di circa 160 x 107 metri.
L’edificio storico si articola su cinque livelli, di cui tre (piani terra, primo e secondo) fin dall’origine destinati all’utilizzo ospedaliero e due (seminterrato e sottotetto) che sono stati nel tempo oggetto di interventi di ampliamento per crearvi nuovi collegamenti funzionali ed impiantistici, oltre che ulteriori spazi per attività sanitarie.[Leggi tutto…]
Molti, molti anni fa Vento, scorrazzando per il mondo con i suoi figli, tra cui Bora, la più bella e la più amata, capitò in un verdeggiante altipiano che scendeva ripido verso il mare.
Bora si allontanò dall’allegra brigata dei suoi fratelli, per correre a scombussolare tutte le nuvole che si trovavano in quell’angolo di cielo e a giocare con i rami dei quercioli e dei castagni, che si agitavano nervosi al suo passaggio.. Dopo un po’, stanca di correre di qua e di là senza alcuna meta, Bora entrò in una grotta, all’interno della quale, nel frattempo, aveva trovato rifugio da tutta quella buriana, l’umano eroe Tergesteo.
Tergesteo era così forte e così bello e così diverso dai suoi fratelli Venti, e da Mare e da Terra e da tutto quello che fino a quel momento Bora aveva visto e conosciuto, che di colpo se ne innamorò. E fu subito passione tempestosa, passione che Tergesteo ricambiò con eguale impeto: e i due vissero felici in quella grotta tre, cinque, sette splendidi giorni d’amore.
Quando Vento si accorse della scomparsa di Bora (ci volle un bel po’ di tempo perché i suoi figli erano tanti e molti di loro parecchio irrequieti) si mise a cercarla tutto infuriato. Cerca di qua, cerca di là, cerca che ti cerca - al vedere tanta furia tutti zittivano al suo passaggio - ma un cirro-nembo brontolone, irritato da tutto quel trambusto, gli rivelò il rifugio dei due amanti. Vento arrivò alla grotta, vide Bora abbracciata a Tergesteo, e la sua furia aumentò enormemente. Senza che la disperata Bora potesse in alcun modo fermarlo, si avventò contro l’umano, lo sollevò e lo scagliò contro le pareti della grotta, finché l’eroe restò immobile al suolo, privo di vita.
Vento, per nulla pentito del suo gesto, ordinò a Bora di ripartire, ma lei impietrita dal dolore non ne volle sapere. Bora piangeva disperatamente e ogni lacrima che sgorgava dal suo pianto diventava pietra e le pietre erano [Leggi tutto…]
L’amore per la classica “tociada” ha sempre contraddistinto i triestini ancora prima che sorgessero i primi stabilimenti balneari. Di solito chi si concedeva un tuffo in mare nelle calde giornate estive, magari anche in zone proibite come le acque del porto, erano ragazzini oppure qualche marinaio. Lo attesta questo Avviso che risale al 7 giugno 1809, firmato dal Cavalier Ignazio de Capuano, Preside del Magistrato, e che, dati i tempi, prometteva severe punizioni a chi infrangesse il divieto di bagnarsi nelle acque davanti alla città magari, come poteva capitare, senza il debito costume. «Chiunque verrà trovato a nuotare nudo fra un Lazzaretto e l’altro sarà immancabilmente arrestato e punito, ed in quanto a’ Ragazzi, gastigati verranno anche con vergate».La zona incriminata era lo spazio fra il lazzaretto Vecchio, quello di S. Carlo (che sorgeva proprio dove oggi si trova il Museo del Mare) e il Nuovo di Maria Teresa nella zona di Roiano. Nelle aree esterne ai Lazzaretti era peraltro possibile [Leggi tutto…]