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ROBERTO FABBRICIANI, solista straordinario in un concerto indimenticabile a Firenze

fabbriciani

di Cesare Valentini

UN SOLISTA STRAORDINARIO.
Roberto Fabbriciani, un concerto indimenticabile Giovedì 19 maggio all’opera di Firenze. Lo spettacolo visto dall’ottica di un compositore contemporaneo.

Roberto Fabbriciani, un concerto indimenticabile. In una di quelle giornate pre estive che sanno di tramontana, capaci di sconvolgere il senso comune delle cose, mi appresto a prendere un treno per andare a presenziare, al Teatro dell’Opera di Firenze, al concerto di un grande artista e amico, Roberto Fabbriciani. In programma c’era il bellissimo concerto “Pensieri”, rapsodia per flauto e orchestra di Luis De Pablo con la direzione del direttore spagnolo José Rámon Encinar. La stanchezza di una giornata di insegnamento non aiutava di certo l’approccio ad una partitura così finemente complessa ma il desiderio di essere presente era decisamente superiore ad ogni altra esigenza umana. Mi appresto stancamente ad accendere una sigaretta davanti all’ingresso del nuovo teatro sotto un cielo tetro. Il vento se ne prende metà, senza aver ricevuto alcuna offerta. Entro in platea. Ed è qui che accade qualcosa di inimmaginabile. Inizia il flauto, solo, limpido, sicuro. L’orchestra assiste come uno spettatore al di là del mondo. Entrano i primi suoni, colori che si fondono con la bellezza del flauto, cameristici, quasi timidi e con un respiro che si allarga e ritorna sottile per poi emergere assecondando i vari timbri dei flauti che venivano messi in gioco, dall’ottavino al flauto basso. Una gamma di colori mossi dal vento tanto che sembrava di vivere un sogno, in un’antica foresta della Spagna dove i flauti correvano agilmente ed era impossibile prenderli. I numerosi percussionisti presenti in organico arricchivano questo quadro in cui vi erano echi debussiani e stravinskiani magicamente immersi in un contesto attuale e di grande levatura ben esaltato dalla lettura di Encinar. I vari movimenti si differenziavano timbricamente e dinamicamente facendo dell’alternanza quel pregio spesso dimenticato dalla musica d’oggi. Ma il colore dei flauti di Roberto Fabbriciani attribuiva a quest’opera un valore aggiunto e fondamentale, una forza non controllabile dall’ascoltatore come quella della natura. Un ritorno al Maggio, dopo ben venti anni, di superlativa fattura, da lasciare senza fiato. Ho compreso così qualcosa di fondamentale: gli agenti atmosferici non erano fuori dal teatro ma al suo interno, sul palcoscenico. La tramontana come i colori di un crepuscolo sereno, gli alberi del bosco mossi dal vento e la calma placida di un pomeriggio soleggiato. E sono rinato. Un’altra volta, forse per la centesima volta. Perché ciò che sconvolge il senso comune delle cose ti porta a nuova vita. Grazie, Roberto. Un concerto che non dimenticherò mai.

Cesare Valentini
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