quella tromba di lattaDal 22 dicembre 2014 è in distribuzione in quasi tutte le librerie di Trieste, Monfalcone e Gorizia il libro QUELLA TROMBA DI LATTA DEL CONFINE ORIENTALE ITALIANO edito da Luglio Editore-Trieste.
Il libro, scritto da Luigi Maria Guicciardi è una biografia di un trombettista e compositore triestino di origine istriana che ha vissuto l’epopea delle popolazioni istriane strappate dalla propria terra (gli italiani esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia) dell’immediato ultimo dopoguerra. Racconta l’esperienza liberatoria con l’entourage di Franco Basaglia nell’ex OPP a Trieste negli anni ‘70, la nascita del Free Jazz italiano, le contaminazioni con la musica Klezmer ebraica e la musica popolare dell’Istria veneta.
Rappresenta una testimonianza di vita del trombettista e compositore Mario Fragiacomo nato a Trieste ma di origini istriane, all’ombra della Cortina di ferro che separava l’Italia dalla Jugoslavia di Tito nel periodo della provvisoria amministrazione militare alleata dell’ultimo dopoguerra. Mi sento di appartenere a quella schiera di ultimi testimoni viventi dell’esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati e quindi nel libro partirò proprio da quella vicenda dimenticata dai libri di storia del ‘900. Vi parlerò del Silos di Trieste, delle baracche del campo profughi di Padriciano, e quelle del campo profughi di campo Marzio a Trieste, dell’hangar 26 del porto vecchio di Trieste dove c’era un luogo della memoria particolarmente evocativo: il magazzino 26 o hangar 26 come lo volete chiamare. Ci passavo davanti ogni giorno nei primi anni ‘70 quando lavoravo in una piccola ditta di misurazioni di bordo e di legnami con le funzioni di “misuratore di bordo”. Osservando la maestosità dell’edificio ci passavo accanto nel momento della pausa pranzo nella vicina “locanda” dislocata in questa estrema parte del porto vecchio, quasi vicina al molo zero, frequentata e animata da lavoratori portuali, scaricatori, gruisti, e addetti agli imbarchi e sbarchi sotto-bordo delle motonavi ormeggiate. Riflettevo sul silenzio spettrale di questo magazzino. Nessun movimento, nessun vagone, nessun camion che si fermasse, porte e finestre sbarrate, come un cimitero. Sono custodite li dentro le masserizie dei profughi, mi dicevano. Riflettevo e andavo avanti a passo svelto perché quell’insolito silenzio mi intimoriva, mi turbava. In questi ultimi anni il magazzino è stato restaurato e le masserizie spostate al magazzino 18 dopo una breve sosta all’hangar 22. Ma per decenni sono rimaste dentro quel magazzino tenebroso: il magazzino 26.
Sono più di 10 anni che seguo l’ambiente dell’associazionismo degli istriani. Mi emoziono sul palco da dieci anni quando racconto questa storia artatamente nascosta per sessant’anni dalla storia e lo documenta l’album “Trieste, ieri un secolo fa” presentato dallo scrittore Fulvio Tomizza. Eravamo alla fine degli anni ‘80 quando uscì per una piccola casa discografica lombarda il mio disco d’esordio. Un florilegio musicale, come lo ha chiamato Tomizza nella presentazione all’interno dell’album, che all’epoca destò curiosità ed interesse in tutta Italia. Con un cast vocale e strumentale di alto livello artistico l’album entrò nel Top Ten del miglior disco di jazz italiano. Qualche titolo raccolto in una sorta di suite: “Il campo profughi” con un sottotitolo “Le baracche di Padriciano”, poi “T.L.T. - Territorio Libero di Trieste”, e poi ….. “Foibe” e ancora, più recentemente però, ho composto un brano che ho dedicato alla “Foiba di Basovizza”: “Forse un giorno si racconterà di un popolo …” Sì proprio così in quegli anni avevo intitolata questa composizione alla causa principale dell’esodo. Un tabù pronunciare questa parola all’epoca. T’immagini scrivere della musica che andava diffusa in tutta Italia anche se pur nella ristretta cerchia del jazz italiano. Perciò posso affermare di essere stato il primo compositore in Italia ad aver dedicato un’opera musicale al dramma dell’Esodo, apportando sensibilità jazzistiche e contemporanee, combinando sentimenti e ricordi di vita vissuta con lo spirito del nostro tempo. Lo spartito di Foibe esiste, è tangibile, si può toccare con mano e naturalmente suonare e l’abbiamo suonato ma il recensore all’epoca ha voluto addolcire la pillola e l’ha presentato così: “Le foibe sono voragini, profonde e strette fessure, tipiche delle formazioni carsiche: le rocce a base di calcio si sciolgono per la lenta azione dell’acqua piovana, che le incide e altera in vario modo. Si formano crepe, infiltrazioni, grotte sotterranee, avvengono cedimenti. Le foibe sono state per millenni il sistema più immediato per inumare i nemici”. Non ero d’accordo ma vuoi pubblicare l’album? Sì che voglio! Era l’anno 1987. Tanti scrittori e tanto si è scritto in Italia e anche in Istria su questo argomento, basta frequentare l’ambiente dell’associazionismo degli esuli per capire e carpire tutta questa storia “dimenticata”. Una marea di libri, di testimonianze, anche romanzi d’autore: “Verde Acqua” di Marisa Madieri (moglie di Claudio Magris), “Ieri un secolo fa” e “Dove tornare” di Fulvio Tomizza, “Nata in Istria” e “Bora” di Anna Maria Mori e di Nelida Milani “Una valigia di cartone”, “Una memoria negata” di Marisa Brugna, “Esilio” di Enzo Bettiza, “La foiba grande” di Carlo Sgorlon e tantissimi storici, giornalisti e testimoni tra cui Fulvio Molinari, Giacomo Scotti, Guido Miglia, Silvio Delbello, Diego Zandel, Padre Flaminio Rocchi, Piero Tarticchio, Raoul Pupo, Lino Vivoda, e tanti altri, fino al giornalista romano di origine polacca Jan Bernas che ha scritto un libro da cui ha attinto a piene mani per creare uno spettacolo un cantante romano di musica leggera che ha vinto Sanremo.
Ho dato voce nel libro anche ad alcuni testimoni viventi di origine istriana appartenenti al mondo dell’arte. Testimonianze artistiche quindi che hanno impreziosito l’opera come quella del maestro e compositore Luigi Donorà esule da Dignano, della scrittrice Marisa Brugna esule da Orsera, del pittore e scrittore Piero Tarticchio esule da Gallesano, di Regina Cimmino esule da Pola, di Lino Vivoda esule da Pola fino a Laura Marchig, poetessa e scrittrice figlia di “rimasti” di Fiume.
A corredo del libro c’è naturalmente un cd audio antologico del sottoscritto che con il suo “Mitteleuropa Ensemble” rappresenta in musica tutta questa storia.


libro, libreria, guerra, Mario Fragiacomo