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di Maria Luisa Runti
“Il Requiem va oltre alla morte” con queste significative, scarne parole in apertura di concerto, Gianluigi Gelmetti e la direzione del Teatro hanno voluto ricordare un giovane violinista dell’orchestra del Verdi, Alessandro Merluzzi, scomparso in un tragico incidente un paio di mesi fa. Una dedica ad una vita spezzata cui la magnifica esecuzione del Requiem ha reso omaggio. Prolungati, calorosissimi applausi e numerose chiamate alla ribalta hanno coronato un’esecuzione magistrale del “Requiem” di W. A. Mozart che ha inaugurato la Stagione Sinfonica 2014-15 del Teatro Verdi di Trieste, diretto da Gianluigi Gelmetti.
La Messa di Requiem in Re minore K 626, ultima composizione di Wolfgang Amadeus Mozart, è rimasta incompiuta a causa della sua morte, avvenuta il 5 dicembre 1791. Le parti mancanti furono elaborate da tre dei suoi allievi. Dapprima da Franz jakob Freystädtler e Joseph Eybler e completate, successivamente, da Franz Xaver Süssmayr. Quest’ultimo era stato fra i più vicini a Mozart nei suoi ultimi tempi, e (come egli stesso ebbe modo di dire anni dopo, interrogato in merito all’autenticità dell’opera) ebbe probabilmente la possibilità di suonare insieme al Maestro alcuni brani del Requiem. Il suo apporto fu quello di riordinare in modo omogeneo il lavoro dei collaboratori precedenti e di completare i brani totalmente mancanti del manoscritto. Una mitologia misteriosa ha interessato sin dalle origini il Requiem, a partire dalla coincidenza fra opera funebre e morte prematura, per lungo tempo percepita come una sorta di segno del destino. In questa sede ci sembra interessante ed opportuno riportare alcune considerazioni del M° Gelmetti, tratte da una sua conversazione avuta con Luca Pellegrini, che ci avvicinano allo spirito ed all’approfondimento della sua lettura mozartiana. “E’ una meditazione sulla morte questo Requiem?” “E’ un qualcosa di più e di diverso. La morte come trasformazione, come esperienza interiore vissuta, affrontata in senso metafisico. Il Requiem è un puro pretesto per lasciare uno dei suoi ultimi, più profondi e grandi messaggi. Un testamento. Mozart è stato un grande “ricercatore di verità”. Il Requiem serve per completare questo suo cammino verso la verità, questo suo anelito alla trascendenza”.
Un’esecuzione che ha ammaliato il pubblico per la globalità della della sua perfezione e che ha trovato nella direzione di Gianluigi Gelmetti un connubio di emozioni ed equilibri pregni di dimensione spirituale; un ritmo travolgente, a volte solenne ed incalzante, che ha guidato orchestra e coro in un continuo crescendo emozionale. Un connubio armonico di sonorità e cromie timbriche in cui il dialogo fra i soli e l’orchestra ha fatto trasparire una lettura asciutta e profonda. Superbi il “Dies irae”, di impatto massiccio; sintetico e drammatico; il “Kyrie” ed il “Lacrymosa”, scrittura corale di ampio respiro, esplosi in tutta la loro drammatica potenza in perfetta fusione fra le voci orchestrali e quelle del coro, preparato da Paolo Vero, che ha offerto una prova eccellente. Splendido il “Tuba Mirum” in cui la teatralità si fonde in modo egregio con la sacralità universale del testo, descritto attraverso un sapientissimo utilizzo, prima separato poi unito, delle quattro voci soliste: Mihaela Marcu (soprano), Marina Comparato (mezzosoprano), Tony Bardon (tenore) ed Ernesto Morillo (basso). La Marcu ha dato prova di appassionato coinvolgimento spaziando fra la soavità interpretativa di alcuni passaggi, calibrati acuti e sofferta dolcezza nei piani e nei filati. Marina Comparato ha offerto una profonda sensibilità interpretativa librandosi fra sfumature di colore, intimismo e pathos. Ernesto Morillo ha esteso il suo registro vocale fra fraseggi dove toni scuri e profondi si sono alternati armoniosamente ad altri, robusti e vigorosi dando alle parole un senso quasi di predizione. Tony Bardon si è fatto notare per il timbro armonico delle mezzevoci e lo stile dei chiaroscuri.

Si replica sabato 8 novembre alle ore 18.00.

MARIA LUISA RUNTI
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