fotomorgana Giovedì 26 giugno alle ore 19, al DoubleRoom arti visive di via Canova 9 si inaugura “Fotomorgana 4”, un’ampia rassegna dedicata alla fotografia contemporanea slovena curata da Denis Volk in cui verranno presentate le ricerche fotografiche concettuali di 6 giovani artisti Mirta Kokalj, Boštjan Pucelj, Jernej Skrt, Mladen Stropnik, Tanja Verlak e Špela Volčič.
La rassegna, nata nel 2013 alla Narodni dom di Trieste, e dopo le tappe alle Obalne Galerije di Koper e al Kino Šiška di Ljubljana nell’ambito del festival internazionale Photonic Moments-Mesec Fotografije 2014, torna a Trieste con nuovi 6 autori che presentano altrettante brevi serie di scatti realizzati negli ultimi anni.
In mostra le divinità contemporanee - Saints - di Mirta Kokalj, i toccanti Addii di Boštjan Pucelj, il Cammino sul bordo delle rive del mare Adriatico documentato da Jernej Skrt, gli stranianti peli - Hair - fissati nel tempo da Mladen Stropnik, la Mezzanotte a Mumbai immortalata da Tanja Verlak, e infine la raffinatissima ricerca visiva di Špela Volčič con la serie Fuscum Subnigrum, in cui l’autrice riproduce in fotografia celebri dipinti di composizioni floreali della Storia dell’Arte del passato.

“La selezione consente solamente un breve excursus sulla giovane generazione della fotografia slovena, ma già qui si possono osservare delle importanti caratteristiche degli autori. Il fotografo non è solamente colui che registra la realtà, ma un artista visivo, un creativo che si avvale della fotografia come mezzo espressivo. Alcuni fotografano più spontaneamente ciò che si propone al loro obiettivo, altri allestiscono, creano una regia delle situazioni, tutti però sono accomunati da un approccio razionale, ragionato e progettato. La razionalizzazione e l’intellettualizzazione rappresentano dunque per tutti un mezzo per distanziarsi, e non si avverte così un coinvolgimento diretto del fotografo. In psicologia la razionalizzazione e l’intellettualizzazione vengono considerate meccanismi di difesa, gli autori in esame al contrario utilizzano questi procedimenti come strumenti di un’arte concettuale. Con un più indiretto coinvolgimento personale nel fotogramma, il fotografo ottiene in questo modo un’obiettività maggiore, ma allo stesso tempo riesce a enfatizzare la provocazione e a fare allusioni o implicazioni in maniera sempre più efficace. I temi trattati sono dunque generici, universali e di critica sociale.
L’approccio apparentemente estraniato - il fotografo infatti si distanzia sempre più - rappresenta lo specchio di noi stessi, dell’intera società e del singolo che è parte di essa. Se questa posizione diventa punto di partenza, quest’alienazione diventa ancor più personale. L’artista fotografo si rivolge allo spettatore non solo per adescarlo e provocarlo alla riflessione, ma anche semplicemente per trasmettergli il proprio messaggio personale.”


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