stefano furini Travolgente, magica esecuzione del violinista Stefano Furini e degli archi e cembalo dell’Orchestra del Teatro Verdi de “Le Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi che ha chiuso, nella sala affollata del ridotto del Verdi (aperta anche alla cittadinanza per il concerto), la giornata del simposio internazionale “Opera Houses and Music Festivals in Central and Eastern Europe: Looking for new Talents and New Audiences”, il 21 u.s.
Le Quattro Stagioni” fanno parte de “Il cimento dell’armonia e dell’inventione”, (Opus 8), raccolta di dodici concerti per violino (oboe a scelta in due concerti), archi e basso continuo composti da Antonio Vivaldi tra il 1723 e il 1725. Tre i movimenti che formano ciascuna delle stagioni ed ogni stagione trae ispirazione da un sonetto attribuito allo stesso Vivaldi pur se alcune fonti non ne confermano la paternità. Nella “Primavera” vengono descritti il canto degli uccelli (allegro), il riposo del pastore con il suo cane (largo) ed una danza finale (allegro). Nell’ “Estate” una tempesta si manifesta al pastore; si avvicina da lontano nella calura estiva (allegro non molto - allegro) ed egli si spaventa per l’improvviso temporale (adagio presto) la cui virulenza trova l’apice nel “presto” finale. Le note dell’ “Autunno” sono ispirate dal dioBacco. La vendemmia in esordio è seguita dall’ebbrezza provocata dal vino (”I dormienti ubriachi”) e l’ultimo movimento sottolinea gli incalzanti ritmi della caccia. L’ “Inverno” viene espresso in tre tempi con l’azione spietata del vento gelido (allegro), la pioggia che cade lenta sul terreno ghiacciato (adagio) e la serena accettazione del rigido clima invernale (allegro).
Stefano Furini (che ha suonato con il suo Andrea Guarneri del 1669) ha offerto un’interpretazione magistrale dell’opera Vivaldiana, ottimamente coadiuvato dagli archi e dal cembalo. Trasporto, pathos, ampio registro di duttili sfumature coloristiche, toccante liricità e grande integrità stilistica hanno sottolineato timbri puri e caldi, classe nella tensione del fraseggio e nella qualità del suono. Calorosissimi applausi e ripetute chiamate hanno coronato l’esecuzione.

Per la curiosità del lettore si riportano alcuni passi dai quattro sonetti.

“Primavera”:
“…Al caro mormorio di fronde e piante
Dorme ‘l Caprar col fido can’ à lato.
Di pastoral Zampogna al suon festante
Danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato
Di primavera all’ apparir brillante.”

“Estate”:
“…E piange il Pastorel, perché sospesa
Teme fiera borasca, e ‘l suo destino;
Toglie alle membra lasse il suo riposo
Il timore de’ lampi, e tuoni fieri
E de mosche, e mosconi il stuol furioso:
Ah che pur troppo i suoi timor sono veri
Tuona e fulmina il cielo grandinoso
Tronca il capo alle spiche e a’ grani alteri.”

“Autunno”:
“Celebra il Vilanel con balli e Canti
Del felice raccolto il bel piacere
E del liquor di Bacco accesi tanti
Finiscono col Sonno il lor godere
Fa’ ch’ ogn’ uno tralasci e balli e canti
L’ aria che temperata dà piacere,
E la Staggion ch’ invita tanti e tanti
D’ un dolcissimo sonno al bel godere…”

“Inverno”:
“…Gir forte Sdruzziolar, cader a terra
Di nuovo ir Sopra ‘l giaccio e correr forte
Sin ch’ il giaccio si rompe, e si disserra;
Sentir uscir dalle ferrate porte
Scirocco, Borea, e tutti i Venti in guerra
Quest’ è ‘l verno, ma tal, che gioja apporte”.

MARIA LUISA RUNTI
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Teatro Verdi, recensione, Maria Luisa Runti