1 gianluca terranova foto maria luisa runti

Gianluca Terranova, il tenore che ha dato vita al mito di Enrico Caruso nella pluripremiata fiction di Rai uno (premio “Miglior Attore protagonista” al Festival Fiction Campania) e che ha conquistato l’Australia con la sua voce, è da quasi un mese ospite del Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste, Teatro che ha visto gli esordi della sua sfolgorante carriera nel 2008. Ha già cantato in “Messa di Requiem” di G. Verdi ed ha partecipato al tradizionale concerto di fine anno che sabato 28 dicembre u.s. ha visto esaurito il nostro Teatro, con l’ Orchestra ed il Coro della Fondazione Lirica triestina sempre diretti dal M° Gianluigi Gelmetti, cui si deve anche la direzione de “Un ballo in maschera” che Il 9 gennaio u.s. ha inaugurato la stagione lirica triestina ed ha visto trionfare Terranova nel ruolo di “Riccardo”.

Nel panorama musicale internazionale GIANLUCA TERRANOVA rappresenta una delle eccellenze della cultura e della musica italiana. Amatissimo da pubblico e fans, esaltato dalla critica, e’ un personaggio eclettico, vulcanico, la cui superba voce e lo straordinario carisma umano conquistano le platee di tutto il mondo. Un Uomo vero che si batte affinchè l’opera possa essere nuovamente alla portata di tutti, amata, rivalutata, apprezzata e capita anche dai giovani.

“Rigoletto”, “La Traviata”, “Un ballo in maschera”, “La Boheme”, “Simon Boccanegra”, “ Lucia di Lammermoor”, “Roberto Devereux”, “Puritani”, “Figlia del reggimento”, “Madama Butterfly” e “Dannazione di Faust” sono soltanto alcuni dei suoi cavalli di battaglia. Diretto, immediato, schietto, va diritto al nocciolo di ciò che gli interessa. Profondamente legato alle problematiche sociali, al futuro dei giovani che vorrebbe sensibilizzare alla musica ed alla cultura, nell’ottica di aiutarli a coltivare le loro attitudini, ad approfondire le radici, a credere nel futuro poiché anche in loro stessi sta il seme del cambiamento. Autore di testi, liriche e musiche, colto, preparato, alla continua ricerca di approfondimenti e di nuove idee, che vedano la musica e la lirica al centro dei suoi studi ed interessi, disponibile al confronto ed alla collaborazione, che ritiene fondamentali, riesce a coniugare arte e managerialita’ con sapiente  disinvoltura, curandone ogni dettaglio. Passione ed intransigenza, simpatia, affabilita’ e rigore permeano il suo essere  Artista ed Uomo rendendolo interprete prezioso dei personaggi che lo vedono protagonista.

Straordinaria e folgorante la sua carriera artistica (si rimanda il lettore alla biografia: http://www.gianlucaterranova.it/) che gli ha procurato numerosi riconoscimenti e premi fra cui si segnalano: il “Gran Premio della Lirica” in diretta televisiva su canale 5 (1998), il concorso lirico “Riccardo Zandonai” (2000), nel cui contesto ha debuttato in “Tosca”. La nomination per il premio ‘Helpmann award’, per la sua interpretazione del ruolo di Alfredo, quale migliore artista maschile in “La Traviata” allestita nell’ambito della prima edizione dell’evento internazionale “Opera on Sydney Harbour”, organizzato dall’Opera Australia (2012). Da ricordare ancora il premio “Penisola Sorrentina - Arturo Esposito”, il premio “Matassa D’oro” ed il “Premio Internazionale Per La Cultura Italiana Nel Mondo” (2013) conferitogli a Roma, in Campidoglio.

Suoi i testi, liriche e musiche del Musical “Caruso-La storia di un Mito” (2002) che ha portato in scena, per la regia di Filippo Crivelli, affiancato da Katia Ricciarelli, per 180 repliche in tutta Italia e per il quale ha vinto, nel medesimo anno, il Musical Award per la “migliore canzone da Musical”.

Sta lavorando a “La mia terra”, il suo nuovo singolo prodotto da R. D’Angeli ed il video clip per la regia di V. Ziccanu Chessa, in uscita nei prossimi mesi.

Molte le curiosità che costellano la sua carriera, oltre a quella di tenore nel mondo: il film della Disney “Planes”, in cui ha doppiato “El Chupacabra”, le apparizioni in TV, i musicals (oltre al suddetto “Caruso-La storia di un Mito”, è stato protagonista, con Massimo Ranieri, in “Hollywood” per la regia di Giuseppe Patroni – Griffi) . Il CD “Gianluca Terranova canta Caruso” uscito per EMI, in vetta alle classifiche e fra i più venduti della classica in Italia, contiene una preziosità: la canzone “O sole ‘ napule”, con parole dello stesso Terranova e musica di Stefano Reali, regista della fiction RAI.



Un argomento che mi piacerebbe sottolineare del tuo eclettismo è che tu sei anche autore: di liriche, di musiche, di testi. Mi ha colpito, ad esempio, la splendida canzone “O sole ‘ napule”. Com’è nata questa idea?

Da un’esigenza drammaturgica di copione. Serviva un pezzo che dovesse essere anche colonna sonora del film, un tema che sottolineasse il momento del ritorno di Caruso a Napoli. Ben sappiamo che egli era conscio di dover morire ed ha scelto di farlo proprio nella sua Napoli, pur avendo deciso di non cantarvi più. Non doveva esserci una canzone ma il momento del film c’era ed allora io, con Reali, abbiamo deciso di scrivere una canzone inedita che, in seguito, sarebbe stata inserita anche nel CD “Gianluca Terranova canta Caruso”. Reali ci aveva già pensato ed aveva la musica,

Reali, oltre ad essere regista è musicista?

Sì, è proprio un musicista, ed ha anche composto tutta la parte della sonorizzazione; tutte le musiche del film “Caruso, la voce dell’amore”. Gli ho proposto di scrivere il testo, Non mi conosceva come autore e voleva una canzone scritta come si usava fare 100 anni fa, con lo stile di Caruso; non una canzone moderna, alla Bocelli, per intenderci. Una romanza come ai tempi di Caruso, in napoletano. E così è stato. Nel momento in cui Egli decise di ritornare c’era il sole… perchè il sole di Napoli era la sola cosa che poteva asciugare tutte le ferite della sua vita; non ferite di malattia, ma di amore, di sentimento… ed è proprio il sentimento che ha vinto nella fiction ed è quello che ha vinto nella carriera di Caruso e nel contempo lo ha ucciso. Un sentimento che gli è derivato fortissimo dalla madre, morta di stenti e fatiche per farlo studiare. L’unica che abbia creduto in lui poichè il padre lo avrebbe voluto operaio in officina. Lei morì nei bassi, all’ombra, senza mai vedere il sole… e da qui è nata l’idea.

Le parole sono stupende! Tu hai già scritto dei testi in precedenza. “Caruso-La storia di un Mito” ad esempio, ed hai anche vinto il Musical Award per la “migliore canzone da Musical”. Ti piace scrivere, ti lasci trasportare dall’ispirazione o decidi tu quando è il momento di farlo?

Scrivere è un’esigenza, più forte di ciò che può essere l’interpretare un ruolo, sia in un film che in un musical o all’opera. Scrivere è un’esigenza interiore per lanciare un messaggio. Non sono un tecnico nè della scrittura nè della composizione, sono diplomato in pianoforte ma esprimermi con parole e musica fa parte del mio io, mi sgorga dall’intimo.

Parliamo di composizioni musicali o di scrittura di testi?

Io ho creato sia musiche che liriche e testi teatrali. Con la sola musica non si riesce a capire ciò che si vuole trasmettere perciò scrivo anche le parole, un messaggio si scrive a parole. Certo la musica viene o prima o dopo ma l’esigenza è quella di lanciare, appunto, un messaggio. Nel momento in cui ho deciso di realizzare il musical “Caruso” vi ho messo tutte le mie capacità di compositore e pianista. Io sono un compositore di pop. Quando poi interpreto Verdi o Puccini, da tenore, mi rendo conto le la loro musica è talmente alta e mi freno un po’… Il pop non è a quelle altezze… il pop è popolare, è superficiale, nel senso che più è superficiale la composizione più arriva al pubblico. Pop significa popolare, commerciale, che deve vendere… se componi cose troppo importanti o impegnative non arrivano al pubblico. Ogni tanto Il compositore lo metto da parte perchè voglio crescere musicalmente. Voglio e posso crescere come tenore perché la cosa più bella e più grande che ho, fra i vari lati del mio eclettismo, è proprio la mia voce; la mia cosa più preziosa, la sfrutto, deve crescere. Crescendo come cantante forse fra 5 anni ti “tiro fuori” un musical bellissimo perchè sarò cresciuto anche musicalmente.

Ciò spiega purtroppo perchè gran parte della musica contemporanea colta rimane musica di nicchia…

Purtroppo è cosi.

Ora stai lavorando ad un progetto che mi sembra sia già a buon punto: “La mia terra”…

“La mia terra” è una canzone pop. E’ un’esigenza che ho sentito per parlare di ciò che ho visto in Australia. Ci sono andato 2 anni fa e da allora vi ho vissuto per 4-5 mesi. Fra poco vi ritorno per 3 mesi per una produzione di “Rigoletto” all’ Opera House di Sidney , che verrà trasmessa in mondovisione e che porterà anche alla realizzazione di un dvd e di un cd. Ho visto tanti giovani ragazzi italiani sia laureati che non; scappano dall’Italia… sono tanti e vanno a cercare il loro futuro in Australia. E’ la necessità di raccontare di questo momento che l’Italia sta vivendo. Siamo depressi, mentre dovremmo camminare a testa alta perchè siamo un popolo di grandi uomini e di grandi donne; dobbiamo continuare ad esserlo nella nostra cultura, tradizione, radici. Il video racconta questi pensieri.

E’ un breve video con una canzone?

Sì, un videoclip con una canzone, dura pochi minuti. Le parole raccontano di due ragazzi che partono ed è un dialogo con Giuseppe Verdi su come si vive in Italia ora; io canto in un teatro vuoto e sogno dentro di me di parlare a Verdi, lui che ha unito l’Italia, con Cavour e con la sua musica. Ci sarà anche una sorpresa nel finale!

Perché in questo momento c’è questo “boom” nei confronti dell’Australia? Perché puntano tanto sugli artisti italiani?

Perché gli artisti italiani nell’opera lirica eccellono e quindi loro li cercano, vogliono il meglio del settore. Cercano il meglio a livello mondiale in ogni campo perchè il loro lavoro va bene, l’economia pure e quindi se lo possono permettere. In questo momento chiamano me perché funziono bene! Finchè ci sarà questo bellissimo rapporto anche con il pubblico, che mi ama, andrò in Australia, perché essa è l’America degli anni 80. Ormai l’America è come l’Europa, non è più la “terra promessa”. In questo momento in Australia c’è un mercato più florido ed aperto mentre quello americano ed europeo sono più saturi. Il pubblico australiano non è una lobby intellettuale come lo è in Europa ed in America, ovvero una specie di nicchia di intenditori che frequentano l’opera e non gliene importa nulla se ci va pure il popolo; anzi lo considerano come un fattore negativo. In Australia tutti vanno all’Opera House, il popolo, i turisti, i giovani. Lavorano con il marketing e con il turismo.

Ho letto che ci sono dei teatri europei ed italiani che stanno cercando di instaurare delle collaborazioni e delle coproduzioni con i teatri australiani…

Certo, lo stanno facendo già da qualche anno. Sta di fatto che l’Australia ha i denari e vuole che gli spettacoli siano belli per il pubblico, devono piacere. Da noi purtroppo, a volte, pur di fare un qualcosa di diverso e non avendo disponibilità finanziaria, realizzano delle cose un po’ bruttine.

Tu insisti sempre sul fatto che bisogna erudire il pubblico…

Certamente, erudirlo in un modo coinvolgente. La differenza fra Caruso e gli altri qual’era? Lui avvinceva tutti senza scendere di qualità. E’ importante essere popolari senza scendere di qualità. Bisogna avere quella marcia in più che in Australia oggi vogliono: si deve essere bravissimi, si deve far vibrare il teatro e la gente deve emozionarsi. Era ciò che volevano al Met qualche decina di anni fa.

Fra tutti i tuoi premi mi incuriosisce il “Premio Matassa D’oro” ricevuto nel 2012…

Il premio internazionale “Matassa d’Oro” viene dedicato alla migliore eccellenza dell’anno nella lirica. Lo hanno vinto Pavarotti, Domingo, Cappuccilli, Bruson, Nucci, la Dessì; dal 1978 un lungo elenco di nomi. Anche grazie al film sono stato un personaggio lirico di spicco sia per le doti vocali che per quelle attoriali.

E il premio “Penisola Sorrentina - Arturo Esposito”?

E’ un premio annuale per le eccellenze in vari campi. L’“Arturo Esposito” è solo per la lirica. Il premio “Pensola Sorrentina” io l’ho ricevuto per la musica, Lina Sastri per il teatro, assieme ad Ugo Pagliai; Mario Orfeo, direttore del TG1, per l’informazione giornalistica televisiva. Un premio a cui tengo è il “Premio Internazionale Per La Cultura Italiana Nel Mondo”, datomi a Roma, in CAMPIDOGLIO (2013). Lo conferiscono agli artisti ed alle persone di cultura italiane che esportano la cultura italiana nel mondo.

Un’altro argomento che mi farebbe piacere sottolineare… tu sei un antidivo, sei un uomo vero, raro oggigiorno… ricordo che hai cantato anche per beneficienza in un concerto organizzato dall’ AMMI (Associazione Mogli Dei Medici Italiani) al Teatro Vittorio Emanuele di Messina…

Sì, e gran parte del ricavato del concerto è stato devoluto in beneficienza. Ciò che mi ha colpito di più è stata l’organizzazione: solo a mezzo stampa locale e pubblicità via internet. Abbiamo riempito un teatro di 800 posti paganti. La mia gioia è che è stato il mio nome ad attirare tutta quella gente. Nel teatro privato, se tira il nome, fai il pieno come è avvenuto con Massimo Ranieri. Mille persone a sera per 350 recite… 15 mesi nell’arco di tre anni. Nella lirica ci vorrebbero vent’anni…

Che cos’era la “Probone” di Bologna per i malati di tumore alla colonna vertebrale?

Un idea fantastica del Prof. Alessandro Gasbarrini, un grandissimo ortopedico di Bologna che si occupa di questo genere di tumori e che ha organizzato un’asta finalizzata a raccogliere fondi proprio per questa tipologia di malati. Quest’ asta, “Asta Diva”, ha visto in vendita molti oggetti appartenuti a personaggi famosi come Loren, Benigni, Pausini, Dalla…

E tu hai dato la sciarpa bianca che avevi in Caruso, ora ricordo…

Sì, ed è andata venduta!

Hai debuttato alla Scala in “Rigoletto”, con  James Conlon. Quali ricordi?

Cercava il tenore per la Scala e per Los Angeles, era andato ad ascoltare l’ americano James Valenti in “Rigoletto” a Firenze. Purtroppo Valenti si ammalò e chiamarono me al volo, già impegnato in “Boheme” a Bologna. I Teatri si misero d’accordo ed io cantai alla prima. Conlon mi ascoltò e mi scritturò sia per la Scala che per Los Angeles.

Parliamo del tuo amore per i giovani, tu dici che essi hanno sempre meno fiducia nel futuro. Chi oggi studia musica, canto, fa il Conservatorio… Che cosa li aspetta?

Non sono loro che devono cambiare, deve cambiare la classe politica, seriamente, perché diversamente loro non hanno né avranno un futuro. Chi vuole tentare di lavorare sulla qualità, in un paese così, non ce la fa, Sai chi vince in questo paese? Chi vuole stabilità e si becca un bello stipendio e, grazie ai sindacati, nessuno lo può togliere dal suo posto. Chi riesce ad avere un posto fisso può avere un futuro, diversamente no. Quando ero giovane pensavo di investire su me stesso, pensavo di crescere in qualità facendo dei sacrifici per fare soldini, per me, per mettere su famiglia, Un ragazzo che va in conservatorio sogna alla grande, uno che studia ingegneria sogna di fare l’ingegnere e non di fare fotocopie… Non devono andare all’estero; lo so, ci vanno per disperazione… ma non devono farlo perché se lo fanno mettono in ginocchio la propria terra. Il mio messaggio è quello di amare la propria terra. Tutti quelli che possono, compresi i ricercatori, il lavoro devono trovarlo in Italia, cercando di far valere la loro preparazione nei confronti di tutti i super pagati. Tutti noi italiani dobbiamo sentirci grandi come lo sono stati Verdi e Cavour, diversamente loro avrebbero combattuto per niente. Abbiamo ereditato un patrimonio straordinario che stiamo tradendo e dobbiamo difendere proprio questo patrimonio. Cultura non significa leggere 500 libri e saper fare le citazioni, cultura vuol dire coltivare l’animo umano. Dobbiamo coltivare l’animo ed il cuore dei ragazzi per far crescere una società più colta; devono capire che la cultura è una delle cose più importanti, come lo è coltivare il cervello, sin da piccoli, per poi ritrovare proprio questa cultura da adulti.

Che cosa ti senti di dire a questi ragazzi?

Ciò che dico nella canzone: “RITORNA INDIETRO E AMA, RITORNA INDIETRO E AMA LA TUA TERRA.”

MARIA LUISA RUNTI
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intervista, Gianluca Terranova, Maria Luisa Runti