miramare parco arso«Ho curato il parco di Miramare per 30 anni. E allora andava tutto bene.Mami rendo disponibile a dare una mano, per organizzare, per una consulenza ». È a Sesto al Reghena che si raggiunge Paolo Sgaravatti, figlio di generazioni di operatori del “verde”, diplomato a Londra in Architettura del paesaggio, specializzato nel restauro di giardini e parchi storici, autore del recupero del giardino privato di D’Annunzio al Vittoriale, socio fondatore dell’Associazione italiana architettura del paesaggio (che ha rappresentato anche all’estero): «Dopo 30 anni di cure, e di battaglie perché io rompevo le scatole un bel po’ per il parco di Miramare, e non ci ho mai guadagnato (ma ho un difetto: mi affeziono), qualcun altro vinse la gara nel 2000. Si vede anche avevo rotto le scatole troppo, disturbavo la quiete…A Trieste vengo spesso, ma evito Miramare, per non star male, perché è in abbandono». Sgaravatti non solo già 15 anni fa propose il parco a pagamento («1000 lire e tesserino gratuito per i residenti»),maricorda: «Molti soldi del verde allora venivano dirottati su altro, opere edilizie anche inutili. I bagni esterni sono costati una fortuna, si sarebbe mantenuto il parco per 10 anni. Lo dicevo: bisogna sostituire le piante vecchie, un parco non dura in eterno, proprio come noi. Non ci sono mai riuscito. Qualche soprintendente ci tiene, e qualcunaltro no». Sgaravatti racconta che 15 anni fa aveva offerto un progetto gratuito per rifare tutte le opere idrauliche. Che le enormi perdite d’acqua nel terreno c’erano già. Che le fontane di Massimiliano «si alimentano l’una conl’altra:manessuno ci ha mai più messo mano». Che aveva proposto una vasca per raccogliere l’acqua piovana («con quella dell’acquedotto per l’irrigazione si spendeva un patrimonio, conti Acegas spropositati»). Che aveva ideato una grande cisterna «amonte per il riciclo dell’acqua attraversopompe ».Che lavoravano «8-10 persone in estate e autunno, e 5-6 per tutto l’anno, dalle 6.30 a sera». Che i prati erano falciati, i fiori piantati. E infine, ultime amarezze: «Proposi al ministero un progetto di restauro che fu scelto per la partecipazione a un convegno a Torino sulla manutenzione dei parchi nazionali italiani. Fu il mio grande errore. La Soprintendenza si sentì scavalcata, lo prese come un dispetto ». Oggi Sgaravatti (che dice comei grandi giardini in Italia siano tutti ben curati) lavora solo per i privati: «Il “pubblico” mi ha deluso. Tutto talmente difficile. I privati hanno una diversa sensibilità». (g.z.)
(da Il Piccolo)